Addio tabelle per il danno non patrimoniale in caso di incidente. Il quantum va personalizzato su lesione, famiglia e lavoro del de cuius. Il giudice che liquida secondo equità deve indicare i parametri legati alla specificità del caso che, né gli standard di Milano, né quelli normativi possono cogliere. Anche agli eredi, inoltre, è riconosciuto il pregiudizio biologico terminale. A stabilirlo, la sentenza 26590/14, pubblicata il 17 dicembre 2014 dalla sezione lavoro della Cassazione. Niente tabelle, quindi, per liquidare il danno non patrimoniale, specialmente quello morale soggettivo. Gli standard elaborati dall’ufficio giudiziario lombardo e dal legislatore tendono, infatti, a garantire su tutto il territorio nazionale un trattamento uniforme a danni che, per loro natura, devono rimanere differenziati. Il giudice del merito che liquida secondo equità non è tenuto a motivare in modo particolareggiato, ma deve comunque individuare criteri parametrati alla specificità del caso per personalizzare il ristoro. Inoltre, va risarcita la sofferenza del malato che sente la sua vita spegnersi e non c’è duplicazione risarcitoria quando ai familiari in qualità di eredi sono ristorati il danno biologico terminale e il danno da inabilità. Alla luce di queste considerazioni, è stato accolto uno dei motivi di ricorso dell’azienda condannata al risarcimento dopo la morte di un dipendente per tumore. Nessun dubbio che si configuri la responsabilità del datore per la malattia che ha colpito il lavoratore esposto all’amianto: all’epoca in cui era in atto il rapporto con l’azienda era già da ritenersi nota la pericolosità delle fibre dell’asbesto. Il vizio di motivazione nella condanna della società, tuttavia, sta nella scelta del giudice del merito che liquida il danno non patrimoniale alla moglie e ai figli del de cuius, con somme diverse attribuite ai familiari, senza però valutare le specifiche ricadute che l’evento doloroso ha determinato nella vita di ciascuno dei congiunti e conviventi.