Da più parti si auspica una maggiore flessibilità del sistema previdenziale italiano che attribuisca maggiore libertà di scelta al lavoratore al momento dell’uscita dal mercato del lavoro. Da ultimo si è inserito nel dibattito Tiziano Treu, commissario straordinario dell’Inps, che si è schierato a favore della proposta dell’ex ministro Enrico Giovannini che dà la possibilità a coloro ai quali mancano pochi anni al buen retiro di chiedere un anticipo dell’assegno previdenziale da restituire in piccole rate una volta raggiunti i requisiti per la pensione. Va osservato che una delle ratio dell’introduzione del metodo di calcolo contributivo è stata quella di non prevedere età di pensionamento flessibili e anche la riforma Fornero, pur con una serie di caveat, si inserisce nello stesso alveo. Questo perché a età pensionabile bassa corrisponde nel contributivo un montante da convertire in rendita più basso, mentre a età pensionabile più elevata corrisponderebbe una pensione più robusta.
Anche se c’è comunque da sottolineare che tra speranza di vita e speranza di vita in buona salute c’è un gap di circa dieci anni. Qual è la situazione attuale? In base alla riforma Fornero si è innalzata in maniera sensibile l’asticella dell’età pensionabile ma sono stati comunque previsti dei meccanismi di flessibilità. Anche dal punto di vista terminologico non esiste più la pensione di anzianità ma si è introdotto il pensionamento anticipato con penalizzazioni percentuali (pari all’1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni indicizzati alla speranza di vita, 2% l’anno oltre i due anni di anticipo) sulla quota retributiva dell’importo della pensione.
La pensione anticipata piena si avrebbe allora solo con 42 anni di contributi e 62 anni di età (sempre indicizzati). Si prevede poi la possibilità di rinviare il pensionamento fino ai 70 anni, considerando l’andamento della curva demografica italiana che è caratterizzata dall’aumento costante dell’aspettativa di vita. È interessante poi vedere quali connotati di flessibilità vi siano nel sistema di previdenza integrativa. Non va infatti mai dimenticato che i fondi pensione possono concepirsi e raffigurarsi come un binario che scorre parallelo alla previdenza obbligatoria. Ogni innovazione nel sistema pensionistico di base non è allora da considerarsi irrilevante rispetto alla dinamica della integrazione pensionistica. Il diritto alla prestazione pensionistica si acquisisce al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni stabiliti nel regime obbligatorio di appartenenza, con almeno cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.
Le prestazioni pensionistiche in regime di contribuzione definita e di prestazione definita possono essere erogate al 100% sotto forma di rendita o in capitale, secondo il valore attuale, fino a un massimo del 50% del montante finale accumulato. Dal computo dell’importo sono detratte le somme erogate a titolo di anticipazione per le quali non si sia provveduto al reintegro. Nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale sia inferiore al 50% dell’assegno sociale (per il 2014 l’importo mensile è fissato a 447,61 euro, pari a 5.818,93 euro l’anno) c’è la possibilità di percepire l’intero montante sotto forma di capitale. Per avere un’idea di massima, questa condizione è rispettata quando le risorse accumulate nel fondo sono meno di 60 mila euro. Ulteriore elemento è costituito dal fatto che il momento dell’incasso della prestazione pensionistica integrativa può essere anticipato nel caso in cui si verifichi la cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione oltre i 48 mesi. L’anticipo massimo previsto è di cinque anni rispetto ai requisiti per l’accesso alle prestazioni nel regime obbligatorio di appartenenza.
Last but not least è possibile poi continuare a contribuire al fondo pensione e determinare autonomamente il momento di fruizione della prestazione pensionistica. I contributi versati oltre il raggiungimento dell’età pensionabile ai fondi pensione continuano comunque a fruire delle agevolazioni fiscali previste per tali forme di finanziamento, ovvero deducibilità fiscale nei limiti dei 5164,57 euro annui. (riproduzione riservata)
Carlo Giuro