di Luisa Leone
Via ai primi contatti tra il governo e le casse professionali, dopo l’alta tensione dei giorni scorsi, dovuta al fatto che nella legge di Stabilità 2015 è contenuta un’amara sorpresa per gli enti previdenziali privatizzati, ovvero la possibilità che le aliquote con cui sono tassati i rendimenti dall’attuale passino 20 al 26%.
Per fare il punto della situazione e decidere una linea comune, giovedì 23 si incontreranno i rappresentanti di tutte le casse, riuniti nell’Adepp. «Siamo convinti che ci sia margine per evitare l’inasprimento. Dopo tutto finora si tratta di annunci, non c’è ancora un testo scritto», dice Renzo Guffanti, presidente della Cassa di previdenza dei commercialisti. Guffanti spiega che nei giorni scorsi la questione è stata posta anche alla commissione bicamerale per la vigilanza sugli enti previdenziali privatizzati, che supervisiona la loro attività e dunque anche la redditività, che sarebbe inevitabilmente colpita da un incremento dell’aliquota fiscale.
Per quanto riguarda i contatti con l’esecutivo, il presidente dei commercialisti non si sbilancia, ma ammette che «ci sono stati contatti ma solo preliminari». Insomma, dopo essere arrivati a minacciare la vendita in blocco dei titoli di Stato in portafoglio, «una provocazione, non vogliamo certo creare tensione sugli spread», i rappresentanti delle casse sembrano ora più orientati alla moral suasion. «Giovedì comunque dovremo spiegare quanto autolesionista sia un atteggiamento che considera gli enti previdenziali privatizzati come investitori qualsiasi. I nostri soldi servono a pagare le pensioni di domani». Peraltro, secondo Guffanti, anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan dovrebbe fare un «esame di coscienza», visto che era stato lui in persona a portare avanti le trattative con il mondo previdenziale sulla possibilità che casse e fondi mettessero risorse a disposizione dell’economia reale tramite un fondo a cui avrebbe dovuto partecipare anche Cdp, ottenendo in cambio qualche tipo di tassazione agevolata. Per questo, davanti alle novità contenute nella Stabilità, «la vera reazione, prima della rabbia, è stata l’incredulità», perché la giravolta dell’esecutivo dà la sensazione che «neanche parlare con l’interlocutore ideale in fatto di tasse e investimenti (il ministro dell’Economia, ndr) è garanzia sufficiente perché quello che ci dicono corrisponda agli atti del governo».
Tuttavia ora l’obiettivo sembra riallacciare le fila del discorso su investimenti e tassazione agevolata, troncato bruscamente la scorsa settimana: «Non vogliamo far saltare il tavolo. Ma prima di tutto c’è bisogno di avere un interlocutore che abbia coscienza di cosa facciamo e come, qualcuno che sia cosciente che questi denari sono accumulo di risparmi previdenziali e non finanza speculativa». Tuttavia, se non ci sarà più una regia centrale, con annessi benefici fiscali a intraprendere la strada della creazione di un veicolo partecipato da fondi e casse per investire in infrastrutture, «sarà più complicato raggiungere l’obiettivo».
Intanto però la Cassa dei commercialisti porterà avanti il suo piano di investimenti nell’economia reale attraverso strumenti come minibond, private equity e venture capital. «Dopo anni di stop, nel 2014 abbiamo messo in campo un programma da 140 milioni, di cui un centinaio già investiti. Nel 2015 dovremmo prevederne circa un altro centinaio, per poi tornare a regime con una quota di 40-50 milioni l’anno da destinare a questi investimenti», conclude Guffanti. (riproduzione riservata)