Camici bianchi a responsabilità professionale limitata. Ci aveva provato sulla carta la legge Balduzzi (158/12) a circoscrivere la responsabilità dei medici sostenendo che «il medico che si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve», ci riesce ora in pratica una sentenza del tribunale di Milano che ha stabilito come non sia più il medico a dover provare la propria correttezza professionale, ma il paziente a dimostrarne la colpa.
Il disposto del tribunale lombardo è l’ultimo atto di un processo intentato contro il Policlinico e un suo medico accusati dell’avvenuta paralisi delle corde vocali di un paziente, presunta colpa dalla quale, secondo i giudici milanesi non sta più al medico difendersi, ma al paziente dimostrare. E che oltretutto si prescrive in cinque anni e non in dieci come è stato fino ad ora. Si tratta di una sentenza, definita «storica» dal presidente dell’ordine dei medici di Milano Roberto Carlo Rossi, che capovolge la prassi consolidata in materia, rivoluzionando il sistema della responsabilità civile da malpractice medica, alleggerendo i rischi che gravano su centinaia di migliaia di medici ospedalieri. «È una sentenza che va anche in direzione di una maggior tutela dei pazienti e del Servizio sanitario pubblico, perché fa venir meno alcune delle ragioni della cosiddetta medicina difensiva».
Fenomeno che ha dei costi che sono lievitati sempre di più negli ultimi anni. Basti pensare che secondo i dati diffusi nel luglio 2014 dall’Ania, l’Associazione nazionale delle imprese assicuratrici, la medicina difensiva pesa per circa l’11,8% nella spesa sanitaria complessiva. Un onere di circa 13 miliardi che potrebbe essere ridimensionato affrontando le cause che hanno dilatato il fenomeno della malpractice medica. Resta ora da capire se e in che modo la sentenza farà giurisprudenza nei confronti di tutti i medici o se avrà un’efficacia limitata al solo ambito ospedaliero. Un sostegno in questo senso dovrebbe arrivare dall’atteso dpr attuativo della legge Balduzzi che punta ad agevolare la copertura assicurativa per le specialità particolarmente a rischio, a circoscrivere le responsabilità dei camici bianchi e a limitare i costi dei risarcimenti. Questa assicurazione copre il medico sia che operi in una struttura pubblica o privata sia come libero professionista (solo questo però ha l’obbligo di stipularla) dalle richieste di risarcimento che si possono presentare a seguito di errori commessi nell’esercizio della professione. Il provvedimento (ora in Conferenza stato-regioni) dovrebbe inoltre dare al mercato assicurativo paletti precisi per quanto riguarda massimali e premi e più certezze ai liberi professionisti. Le polizze hanno sfiorato i 500 milioni di euro nel 2011 e i premi per i medici oltre 540 milioni.
Il report dell’Ania rivela un aumento fino al raddoppio della stima dei costi dei rimborsi negli anni. La crescita esponenziale di richieste danni per presunti casi di malasanità fa fuggire le Asl dalle assicurazioni, perché sempre più care. Mentre le assicurazioni preferiscono rinunciare a questo tipo di contratti troppo poco vantaggiosi per loro. E qui dovrebbe intervenire l’apposito Fondo rischi sanitari predisposto dal dpr per garantire idonee coperture assicurative per chi opera nelle cosiddette aree a rischio, non per numero di incidenti ma per onerosità dei risarcimenti per singolo sinistro, (ginecologia, chirurgia, ortopedia e anestesia). Secondo il provvedimento vi si potrà accedere qualora venga richiesto un premio che non rientri nei parametri e nelle condizioni standard definiti dal Comitato, oppure se il mercato assicurativo rifiuti la relativa copertura. In ogni caso vi sarà una priorità di accesso per i più giovani.