È fiorente il dibattito in questi giorni sulla proposta legislativa di anticipare il Trattamento di fine rapporto nelle busta paga dei lavoratori per aumentarne il potere d’acquisto. La Fondazione Studi consulenti del lavoro ha prodotto il presente documento che spiega tutti i passaggi tecnici della proposta, illustrando il bacino d’utenza, l’ammontare della somma da percepire e le criticità legate alle coperture finanziare e agli equilibri pensionistici.
Chi sono i lavoratori interessati dall’anticipo del Tfr in busta paga e con quali retribuzioni?
La proposta del Governo di anticipare il Tfr in busta paga dovrebbe riguardare esclusivamente i dipendenti del settore privato, ovvero circa 12 milioni di lavoratori rispetto agli oltre 3 milioni del settore pubblico. Per il settore privato ogni anno vengono erogate 315 miliardi di retribuzioni contro i 115 miliardi per quelle dei lavoratori pubblici, per un totale di circa 430 miliardi di retribuzioni l’anno. Il Tfr maturato ogni anno è circa 21 miliardi, 451 milioni di euro. Sapendo che per le imprese che superano i 49 dipendenti il Tfr rimasto in azienda viene destinato al Fondo di Tesoreria Inps, dal quale non è possibile sottrarlo per non incorrere in problemi di gettito, questa proposta riguarderebbe solo la metà dei lavoratori privati, ovvero i 6 milioni e 500 mila dipendenti di aziende private con meno di 50 dipendenti.
Come è distribuito il Tfr
Un altro fattore da considerare è la riforma delle previdenza complementare, entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, a cui ogni anno vengono destinati 6 miliardi del Tfr. Poi ci sono i 6 miliardi distribuiti annualmente al Fondo Tesoreria Inps e i restanti 10 miliardi che rimangono in azienda. Di conseguenza, se la proposta normativa riguarderà solo le aziende fino a 49 dipendenti, il Tfr sarebbe circa la metà di quello maturato complessivamente.
Tfr corrisposto al termine del rapporto
Il Tfr, sia che venga corrisposto al termine del rapporto sia che venga in parte anticipato durante il rapporto, gode di un’agevolazione fiscale e previdenziale. La prima riguarda un regime di tassazione agevolata che va dal 23 al 25% della somma percepita; la seconda è invece la totale esenzione, in quanto la somma del Tfr non alimenta il trattamento pensionistico dei lavoratori.
Tfr in busta paga tutti i mesi
In passato, in caso di Tfr anticipato mensilmente in busta paga dai datori di lavoro, i giudici del lavoro avevano stabilito un cambiamento della natura della retribuzione, che diventava così ordinaria e non speciale. Di conseguenza, le imprese sono tenute a pagare i contributi corrispettivi ed i lavoratori le imposte con un tasso ordinario e non più agevolato. Per conservare, dunque, l’agevolazione fiscale e contributiva bisogna necessariamente prevedere un’adeguata copertura finanziaria.
A quanto ammonterebbe il Tfr disponibile?
Secondo i calcoli effettuati dalla Fondazione Studi consulenti del lavoro questa proposta del governo metterebbe nelle buste paga dei lavoratori circa 40 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 50%), circa 62 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 75%) e circa 82 euro al mese (in caso di Tfr erogato al 100%). Se si decidesse di mantenere l’odierna agevolazione fiscale, l’ammontare mensile varierebbe di circa 5 euro in eccesso.
Il problema della pensione
La scelta di destinare il Tfr dei lavoratori alla previdenza complementare, in seguito all’entrata in vigore della riforma della previdenza del 2006, dava la possibilità di integrare il metodo contributivo. Se adesso si scegliesse di anticipare la somma o parte di essa in busta paga si creerebbe un danno al sistema pensionistico direttamente proporzionale al numero degli anni per cui viene percepito l’anticipo.
Il parere delle imprese
Secondo quanto è emerso da un’indagine effettuata dalla Fondazione Studi sulle microimprese, gli imprenditori vorrebbero liquidare il Tfr per favorire il clima aziendale e al tempo stesso evitare di dover versare somme superiori al loro volume d’affari al termine del rapporto di lavoro del dipendente. Ma è necessario sottolineare che questa proposta non porterà ad un aumento delle retribuzioni. Si tratta, infatti, solo di un sistema di autofinanziamento con cui i lavoratori si anticipano indennità future, mettendo però a rischio gli equilibri pensionistici e indirizzando i futuri pensionati a una misera esistenza. Certo è che ci sarebbe liquidità da un lato togliendone dall’altro.