Solidarietà avara con i lavoratori iscritti alla previdenza integrativa. La riduzione dell’orario di lavoro conseguente alla sottoscrizione di un contratto di solidarietà, infatti, non dà diritto al riscatto della posizione contributiva maturata nel fondo pensione. Il riscatto non è possibile neppure parzialmente e a prescindere dall’entità della riduzione d’orario di lavoro. Lo precisa la Covip, in risposta ad un quesito formulato da un fondo pensione.
Il quesito. La richiesta di chiarimenti riguarda la situazione di alcuni iscritti a un fondo pensione, ai quali è stato ridotto l’orario di lavoro nella misura del 90% per effetto di un contratto di solidarietà. In particolare è stato chiesto alla Covip di precisare se tali lavoratori possano esercitare il riscatto parziale della posizione individuale maturata presso il fondo pensione, in base all’art. 14, comma 2, lett. b), del dlgs n. 252/2005.
I contratti di solidarietà. I contratti di solidarietà sono accordi collettivi, stipulati cioè da aziende con i sindacati, aventi lo scopo di ridurre l’orario di lavoro aziendale al fine di preservare i posti di lavoro. In genere vengono sottoscritti in caso di crisi aziendale al fine di evitare la riduzione di personale (i c.d. contratti di solidarietà difensivi) ovvero per favorire nuove assunzioni (i c.d. contratti di solidarietà espansivi).
Il riscatto parziale. L’art. 14, comma 2, lett. b), del dlgs n. 252/2005 riconosce ai lavoratori iscritti a fondi pensione il diritto di esercitare il riscatto parziale, in misura del 50%, della posizione maturata presso il fondo pensione, nei casi di cessazione dell’attività lavorativa che comporti l’inoccupazione per un periodo di tempo compreso tra 12 e 48 mesi; ovvero in caso di ricorso, da parte del datore di lavoro, a procedure di mobilità o di cassa integrazione guadagni (ordinaria e straordinaria).
I chiarimenti. La risposta della Covip è negativa: il lavoratore iscritto a un fondo pensione, destinatario di un accordo di solidarietà, non può esercitare la facoltà di riscatto parziale. Ciò in quanto, spiega la Covip, l’ipotesi del collocamento in solidarietà non è espressamente contemplata dalla norma tra le causali che danno titolo al riscatto parziale e non è neppure possibile ricondurre la fattispecie per analogia a quelle previste dallo stesso art. 14, comma 2, lett. b), del dlgs n. 252/2005.
Infatti, fattore comune a tutte le ipotesi contemplate nell’art. 14 è il verificarsi della cessazione del rapporto di lavoro. Il riscatto, quindi, viene ritenuto ammissibile ogniqualvolta intervenga per l’aderente al fondo pensione la cessazione del rapporto di lavoro e questa sia preceduta dall’assoggettamento a procedura di cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, indipendentemente dalla durata della stessa. Lo stesso in caso di mobilità. Inoltre con risposta a quesito di ottobre 2013 (si veda ItaliaOggi del 12 ottobre 2013) la Covip ha ritenuto ammissibile l’applicazione del citato art. 14, comma 2, lett. b) anche alle ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro ex art. 4 della legge n. 92/2012 (il c.d. esodo incentivato), in ragione delle analogie esistenti con le fattispecie di mobilità e considerato che entrambe le fattispecie comportano la cessazione del rapporto di lavoro e l’erogazione di una prestazione a sostegno del reddito.
Nel caso del contratto di solidarietà, invece, per la Covip la situazione non appare assimilabile né a situazioni di cassa integrazione guadagni né a quelle di mobilità, poiché con la solidarietà l’attività lavorativa non è totalmente sospesa, ma perdura sebbene con una riduzione di orario (nel caso rappresentato del 90%).