L’indebolirsi della capacità di creare reddito, come accade oggi in Italia, prefigura un arretramento delle condizioni di vita. Ma se l’analisi del presente è poco confortante, lo sguardo verso il futuro è denso di timori. La preoccupazione è ancor più viva se si tiene conto che fra 40 anni il rapporto tra le persone in età da lavoro (20-69) e gli anziani inattivi si sarà dimezzato, da quattro a due. Anche il solo mantenimento degli standard di vita pro-capite attuali richiederebbe un aumento della produttività del lavoro del 25%. Di fronte a uno scenario del genere diventa sempre più necessario allora, anche per un equilibrio del welfare, che ilsistema previdenziale si completi con un solido pilastro integrativo. Attingendo ai dati Bankitalia presentati in una audizione parlamentare l’11 giugno, le attività dei fondi pensioni in Italia rappresentano soltanto il 5,6% del Pil, a fronte di percentuali pari al 96% nel Regno Unito e 75% in Usa e alla media dei Paesi europei pari al 21%. Fondi pensione più sviluppati sarebbero sicuramente un sostegno prospettico per i lavoratori, soprattutto i giovani, anche in considerazione dell’andamento davvero a scartamento ridotto del Pil con l’Italia che impatta in maniera sensibile sulla rivalutazione del montante nel metodo di calcolo contributivo. Non va poi sottovalutato il ruolo dei fondi pensione quali investitori istituzionali. L’obiettivo che ci si pone è ora quello, soprattutto in periodo di credit crunch, e in attesa di vedere quanto saranno efficaci le misure varate dalla Bce, di diversificare le fonti di finanziamento grazie a un intervento più attivo, nei limiti della tutela degli iscritti, degli istituzionali tra cui i fondi pensione. Come favorire una crescita dei fondi pensione? Interessanti le considerazioni sviluppate nella Relazione del 9 luglio della Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Partendo dalle adesioni, la soluzione suggerita per incentivarle è quella centrata su meccanismi di adesione automatica alla forma pensionistica di riferimento, con la facoltà di revocare l’adesione entro un determinato periodo, ad esempio, tre mesi. Tale meccanismo dovrebbe scattare al momento dell’assunzione e dovrebbe operare, a partire da una data pre-determinata, anche per i lavoratori già in servizio, magari non per tutti ma solo per quelli che più hanno bisogno del concorso di una pensione complementare e che, in ragione dell’età, hanno davanti un congruo periodo di accumulo nella previdenza complementare.
Nei confronti poi dei lavoratori del pubblico impiego la proposta è coinvolgere anch’essi nel meccanismo del silenzio-assenso (oggi ne sono esclusi), con riferimento a quelli assunti dopo l’1 gennaio 2001, per i quali opera il regime del tfr. Altro punto cruciale è quello della necessità di un piano nazionale di informazione, per sensibilizzare i lavoratori sulla convenienza di aderire alla previdenza complementare. Last but not least il tema legato alle agevolazioni fiscali. Il sistema italiano è riconducibile a un modello di tassazione Ett (acronimo di: Esente, Tassato, Tassato): la fase dell’accumulazione è sostanzialmente esente, prevedendosi la deducibilità dei contributi versati nei limiti annui dei 5.164,57 euro. La tassazione dei rendimenti maturati in ciascun anno è fissata all’11,5% (11% fino al 2013). Infine le prestazioni pensionistiche complementari sono imponibili, al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati a imposta, con una ritenuta a titolo d’imposta del 15%, ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno eccedente il 15esimo di partecipazione con un limite massimo di riduzione di sei punti percentuali (sino al 9%, quindi, nell’ipotesi di un’anzianità contributiva di 35 anni). È poi auspicabile, così come avviene nella gran parte degli Stati europei, che si adotti invece anche in questo Paese il regime di tassazione qualificato come Eet (Esente, Esente,Tassato) o quantomeno di passare da una aliquota applicata sul maturato a una sul realizzato, come per i fondi comuni. (riproduzione riservata)