di Paola Valentini
Il premier Matteo Renzi finora non è uscito allo scoperto. Ma dopo aver aumentato l’imposta sulle rendite finanziarie dal 20% al 26% (a eccezione dei titoli di Stato la cui aliquota è al 12,5%), adesso nel mirino del governo ci sono le eredità, l’ultimo baluardo dei patrimoni rimasto con una tassazione agevolata rispetto agli altri Paesi.
Per il resto, dal governo Monti in poi la pressione fiscale sui risparmi degli italiani è stata alzata almeno a livelli europei. Insieme all’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie, nel 2012 è stata introdotta infatti l’imposta di bollo sui prodotti finanziari, una mini-patrimoniale che da quest’anno è stata alzata dallo 0,15% allo 0,2%. Senza dimenticare le nuove tasse sulla casa. «Sappiamo bene tutti che l’Italia dal punto di vista successorio è un paradiso fiscale mentre nel resto d’Europa le tasse sull’eredità sono di gran lunga più elevate e con esenzioni praticamente inesistenti», afferma Andrea Caraceni, amministratore delegato del family office Cfo sim. In Italia l’attuale regime infatti prevede una franchigia a 1 milione di euro con aliquote del 4, 6 o 8% in funzione del tipo di parentela. Queste tasse di successione erano state reintrodotte nel 2006 dal governo Prodi dopo essere state abolite da Berlusconi nel 2001. All’estero ci sono Paesi dove l’aliquota fiscale è già da tempo a doppia cifra (anche se i titoli di Stato non sono esenti), come mostra un’analisi dello studio legale Lenzi (grafico in pagina). «Che questa disequilibrio venga prima o poi diminuito o addirittura eliminato non vi sono dubbi», sottolinea ancora Caraceni.
D’altra parte le cifre in ballo sono elevate. La ricchezza netta degli italiani, tra immobili e attività finanziarie, vale 8 mila miliardi di euro, quasi quattro volte il debito pubblico dell’Italia che continua a lievitare. Il vero petrolio dell’Italia è quindi il risparmio dei suoi cittadini e quel che è certo è che proseguirà il trasferimento di questa ricchezza dalle famiglie allo Stato, a caccia di risorse per abbassare il debito. Aumentare la pressione fiscale sulle successioni è un modo per ottenere un gettito importante, anche perché oggi la ricchezza è concentrata nelle mani della popolazione più anziana. Secondo alcuni calcoli, una tassa di successione con parametri europei, con la franchigia vigente di 1 milione di euro abbassata a 100 mila euro e l’aliquota fissata al 20%, farebbe incassare allo Stato fino a 40 miliardi di euro all’anno, il 2,5% del Pil. L’economista Marcello Messori, neopresidente delle Ferrovie dello Stato, preferisce un’imposta di successione a una patrimoniale perché l’efficacia di quest’ultima sarebbe più a rischio. «Incertezze rimangono sia sui tempi, che alcuni dicono strettissimi anche se in pubblico nessun esponente governativo ne parla, sia sulle modalità. Su queste ultime si possono fare dei ragionamenti e creare degli scenari abbastanza dettagliati che però, per quanto razionali, possono sempre mutare nelle mani della politica», prosegue Caraceni.
Ma quali potrebbero essere gli asset colpiti? «Sostanzialmente si ereditano tre asset: aziende, immobili e attività mobiliari o finanziarie, con il caposaldo inviolato dell’esenzione totale dei titoli di Stato e delle polizze vita. È qui che si andrà forse a incidere sia con la creazione di aliquote specifiche, sia con l’abbassamento delle franchigie per arrivare all’immissione anche dei titoli di Stato e delle polizze nell’asse ereditario. Dispiace notare», avverte Caraceni, «che questa serie di interventi, razionali ma non si sa quanto probabili, vada di fatto a colpire inevitabilmente il ceto medio. Infatti, come già successo all’estero e in maniera del tutto legittima, solo le fasce sociali più elevate, per dirla in breve, possono ovviare per tempo a un regime particolarmente stringente con strumenti, come trust e società immobiliari, non disponibili ai più per costi o per cultura».
Per ora in ogni caso le polizze vita, insieme ai titoli di Stato, restano al riparo dalle imposte di successione. «La polizza vita rappresenta uno strumento di tutela e segregazione patrimoniale che, se portata fino alla morte dell’assicurato, permette l’ottimizzazione del passaggio generazionale e della pianificazione successoria, nonché della regolamentazione fiscale che prevede l’esclusione delle somme dall’imposta di successione. Inoltre lo strumento assicurativo contempla la possibilità di scegliere liberamente il beneficiario e garantire che la somma prestabilita possa rimanere ignota. Scegliendo dunque di trasmettere il patrimonio attraverso una polizza vita si consente, nel rispetto della legittima, di tutelare gli eventuali soggetti più deboli», afferma Marco Caldana, ad di Farad International. Quali vantaggio offre invece il trust? «In Italia non esiste un legislazione specifica per la tassazione indiretta dei trust, ma esistono due visioni. Nella prima», sottolinea Carmine Carlo, presidente di Mpo Trustee, «l’Agenzia delle Entrate richiede al trasferimento di beni in un trust familiare le imposte di successione/donazione in misura proporzionale e, in presenza di beni immobili, anche le imposte ipotecarie e catastali, sempre proporzionali. Nulla sarà poi dovuto al trasferimento finale dei beni ai beneficiari». Nella seconda invece, che vede per di più una giurisprudenza quasi costante, sia di primo che di secondo grado, «si richiedono al trasferimento dei beni solo le imposte in misura fissa, in quanto solo all’effettivo trasferimento finale dei beni dal trustee ai beneficiari finali si realizzerebbe il presupposto impositivo per l’applicazione proporzionale delle imposte di successione/donazione, ipotecarie e catastali», conclude Carlo. (riproduzione riservata)