Non si ferma l’interesse di Pechino per le blue chip italiane. Come emerso dalle comunicazioni Consob sulle partecipazioni rilevanti, la People’s Bank of Chia ha in portafoglio il 2,014% di Generali. L’istituto centrale della Repubblica Popolare aumenta così la propria quota all’interno del gruppo triestino. A inizio giugno, alla vigilia del viaggio di Matteo Renzi oltre Muraglia, i verbali assembleari svelavano le quote dello 0,2% detenute dai cinesi nel principale gruppo assicurativo italiano e in UnipolSai, la compagnia nata dall’integrazione tra Unipol Assicurazioni eFondiaria-Sai. La People’s Bank of China sembra dunque apprezzare, come gli analisti, la cura Greco. «Continuiamo a considerare Generali come la nostra storia di ristrutturazione preferita», hanno sottolineato questa settimana gli analisti di Barclays. L’operazione dell’istituzione guidata da Zhou Xiaochuan risale allo scorso 31 luglio. Nei giorni scorsi erano emerse le partecipazioni della Pboc in Fiat (2,001%), Prysmian (2,018%) e Telecom Italia (2,081%). Risalgono invece a marzo le operazioni in Eni ed Enel, dove ha messo piede rispettivamente con lo 2,102% e con il 2,071%. In totale, esclusa Generali, si parla di un portafoglio da 5,3 miliardi, pari all’1% di Piazza Affari. Tutte quote poco al di sopra della soglia di comunicazione del 2%, che per molti analisti corrisponde alla volontà di Pechino di far conoscere la propria presenza nel Paese. Una sorta di operazione di immagine per promuovere la propria presenza, in cui alcuni leggono anche un tentativo di influenzare le discussioni sul trattato di libero scambio transatlantico tra Unione Europea e Stati Uniti, che rischia di tagliare fuori proprio Pechino. Altro particolare sottolineato da alcuni osservatori è che queste operazioni sono condotte dalla banca centrale e non come negli anni scorsi dalla China Investment Corp, il fondo sovrano direttamente legato al ministero delle Finanze, ora guidato dall’ex numero uno della Cic, Lou Jiwei. Una concorrenza che nei mesi scorsi aveva spinto alcune testate come il Financial Times a parlare di concorrenza tra le due entità. L’investimento in Generali è anche il primo cinese di questo spessore in un gruppo finanziario. Si colloca inoltre in un periodo di proficua collaborazione tra Cina e Italia. Il gigante dell’utility, State Grind of China, ha acquisito a fine luglio il 35% di Cdp Reti. Un accordo da 2,1 miliardi di euro, nell’ambito del quale i cinesi avranno un proprio consigliere indipendente nei cda di Snam e di Terna. Allo scorso mese di maggio risale invece il passaggio del 40% di Ansaldo Energia a Shanghai Electric. (riproduzione riservata)
Andrea Pira