di Paola Valentini
Nel 2013 sono stati oltre 200 mila i nuovi sottoscrittori di fondi italiani. Tanto che lo scorso anno i comparti gestiti da sgr tricolore hanno ottenuto flussi netti per oltre 11 miliardi, il primo dato annuale di raccolta positivo dal 2003. Il boom ha fatto risalire per la prima volta dopo anni il numero stimato degli investitori in prodotti italiani, che ha raggiunto quota 5,62 milioni dai 5,38 di fine 2012. A questi numeri, elaborati da Assogestioni, si deve aggiungere l’altrettanto corposa rappresentanza degli investitori che hanno scelto i fondi e sicav di società di gestione estere e per i quali non esistono censimenti. Inoltre, visto che la raccolta prosegue a gonfie vele, quest’anno la schiera dei risparmiatori che hanno puntato sui fondi potrebbe risultare almeno altrettanto folta. Dati ufficiali sui nuovi sottoscrittori del 2014 ancora non ci sono. Quel che è certo è che la raccolta dei fondi italiani ed esteri dei primi sei mesi è quasi pari a quella realizzata nell’intero 2013, che era già ai massimi dal 2000. Numeri alla mano, da inizio anno a fine giugno il bilancio dei fondi segna 41,8 miliardi, neanche 5 miliardi in meno rispetto alla raccolta di tutto il 2013 (46,5 miliardi). Nel dettaglio, i prodotti di diritto italiano hanno messo a segno nel semestre una raccolta positiva per 15,4 miliardi, superando quindi già il totale del 2013. Mentre i fondi e le sicav esteri hanno registrato flussi per 26,4 miliardi. E nel solo mese di giugno c’è stato il sorpasso: oltre 3,8 miliardi sono confluiti nei prodotti italiani contro i 3,4 miliardi degli esteri.
Il settore dei fondi comuni è dunque tornato a godere di ottima salute e i risparmiatori vi guardano con nuovo interesse, perché con i tassi ai minimi le alternative rappresentate da titoli di Stato e conti di deposito offrono poche opportunità. D’altra parte, la scelta è ampia, visto che sul mercato sono collocati quasi 800 fondi di diritto italiano e oltre 3.300 di diritto estero. Senza dimenticare che le banche oggi hanno ripreso a puntare sul collocamento dei fondi per compensare il calo dei margini dell’attività di prestiti. Non a caso i fondi di diritto italiano, che sono distribuiti soprattutto dalle sgr delle banche italiane, hanno ricominciato a mettere a segno risultati di raccolta positivi. E i rendimenti ottenuto dai fondi in questi ultimi mesi rappresentano una carta in più da giocare da parte dei gestori. Ben poche sono infatti le categorie con rendimento negativo. E i migliori fondi a un anno hanno reso oltre il 40%. A partire dagli azionari Italia, che hanno beneficiato del recupero di Piazza Affari. Anche da inizio anno le performance sono a doppia cifra, come risulta dalle classifiche Morningstar che indicano i migliori dieci fondi (italiani e esteri) per rendimento in quattro categorie principali. Negli ultimi mesi infatti in cui i mercati sono saliti indiscriminatamente. E negli ultimi tempi anche emergenti e Giappone sono tornati a crescere perché sono diminuite le preoccupazioni degli investitori in merito alle mosse della Fed. Il rally di bond e azioni è un effetto delle politiche monetarie espansive delle banche centrali che hanno provocato uno schiacciamento dei rendimenti e una corsa verso gli asset più rischiosi come le azioni. Un’altra conseguenza è la diminuzione della volatilità. Oggi però, con tassi ai minimi e azioni ai massimi, i money manager fanno fatica a trovare alternative. «Sarà sempre più difficile superare l’asticella di rendimento del 3%», dice Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet Asset Management. Che fare dunque? «O l’investitore abbassa le aspettative di rendimento oppure deve accettare di correre più rischi», sottolinea Delitala. Proprio per capire quali rischi si corrono a investire nei fondi MF-Milano Finanza elabora l’indice MF Risk, che misura la perdita percentuale massima a cui l’investimento può verosimilmente condurre nell’arco di un determinato periodo di tempo. A questo proposito, l’arco temporale di un mese fornire una visione unitaria in un’ottica a cavallo tra il breve e il medio termine. Per leggere le tabelle pubblicate, va tenuto presente che, per esempio, un MF Risk pari a 15 indica la possibilità teorica di perdere fino al 15% in un mese. Nella tabella a pagina 12 sono stati inseriti i primi cinque fondi di diritto italiano per rendimento da inizio anno in 13 categorie inserendo anche l’MF Risk mensile. Il procedimento di calcolo dell’indice segue una formulazione probabilistica che considera da un lato la classica volatilità delle quotazioni e dall’altro il livello delle punte di perdita massima registrate negli ultimi tre anni. «Il rischio deve essere sempre il punto di partenza», commenta Antonio Bottillo, amministratore delegato per l’Italia di Natixis Global Asset Management. «In questo periodo è molto importante aiutare i clienti a comprendere meglio i rischi in portafoglio». Proprio Natixis ha condotto un sondaggio tra 500 investitori in Italia da cui emerge «che il 63% ritiene che la crescita del patrimonio sia sempre più una priorità, come si evince nella raccolta record registrata dall’industria del risparmio gestito italiana». Tuttavia il 66% è disposto ad assumersi solo un rischio minimo, anche se ciò significa sacrificare il rendimento. E ben il 75% continua a scegliere la sicurezza rispetto alla performance. «È importante far capire ai clienti che non c’è rendimento senza rischio e che nel corso del tempo il rischio è un fattore più costante in portafoglio rispetto al rendimento», conclude Bottillo. «Se mettiamo il rischio al primo posto, saremo in grado di aiutare i clienti a perseguire i loro obiettivi, mentre un riesame periodico ci aiuterà a valutare se abbiamo assunto un rischio troppo alto o troppo basso». (riproduzione riservata)