di Mauro Romano
Le assicurazioni italiane coprono sempre meno i rischi di malasanità degli ospedali italiani. In Toscana, Liguria, Puglia, Basilicata le compagnie sono uscite di scena e sono state sostituite da forme di autoassicurazione o addirittura di non assicurazione. Ci sono poi ospedali di primo piano, come il Niguarda di Milano o l’Umberto I di Roma, privi di copertura. Dati emersi ieri dal dossier Ania «Malpractice, il grande caos», presentato dall’associazione che rappresenta le compagnie di assicurazione. «Gli assicuratori italiani intendono tornare a svolgere pienamente il proprio ruolo nella copertura dei rischi medici, dando certezze ai pazienti vittime di eventi avversi e ai medici che svolgono la loro attività», ha sottolineato il presidente dell’Ania, Aldo Minucci. La difficoltà di reperire una copertura riguarda soprattutto le strutture sanitarie, mentre quelle individuali, relative ai medici, sono normalmente disponibili senza particolari problemi, anche se in alcuni casi i premi sono salati. Il settore è tra l’altro alla vigilia di un’importante novità: a partire dal prossimo 14 agosto i medici dovranno essere obbligatoriamente assicurati contro i rischi da responsabilità civile, secondo quanto previsto dalla legge 148 del 2011, anche se restano esonerati i dipendenti del servizio pubblico nazionale. Per risolvere i problemi, suggeriscono dall’Ania, andrebbe per esempio cambiato l’approccio dei tribunali italiani nel definire i casi di malasanità: oggi l’onere della prova è a carico dei sanitari con tempi di prescrizione di 10 anni, e se le cure non sortiscono l’effetto sperato il medico può essere chiamato a risponderne. Una situazione d’incertezza del diritto che fa aumentare il rischio e lievitare i costi delle polizze. (riproduzione riservata)