di Olivia Zonca, responsabile dell’area fiscalità finanziaria di Bnp Paribas Securities Services 

 

A partire dal 1° luglio entrano in vigore gli adempimenti in capo alle istituzioni finanziarie previsti dal Foreign account tax compliance act (Fatca), la normativa statunitense volta a contrastare l’evasione fiscale perpetrata dai cittadini e residenti statunitensi mediante conti intrattenuti presso istituzioni finanziarie operanti fuori dal territorio americano.

L’Italia, come altri Paesi, per ridurre al minimo gli oneri gravanti sulle proprie istituzioni finanziarie per adeguarsi alla disciplina Fatca e per assicurare una reciprocità nello scambio di informazioni, ha stipulato con gli Stati Uniti un accordo intergovernativo in base al quale gli intermediari residenti in Italia si faranno carico di determinati adempimenti nei confronti della propria Amministrazione fiscale. Il Fisco italiano poi provvederà a inviare le informazioni richieste alle autorità statunitensi. Tuttavia, per essere completamente operativa, questa disciplina necessita di essere recepita nel nostro ordinamento con una Legge di ratifica e con alcune ulteriori norme di carattere secondario, che, al momento, risultano ancora mancanti. Se da un lato il consiglio dei ministri dello scorso 30 giugno ha approvato il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra Italia e Usa volto ad implementare il Fatca in Italia ed è stato pubblicato sul sito del Dipartimento delle finanze lo schema di decreto attuativo dell’Accordo (si veda ItaliaOggi di ieri), è pur vero che vi sono alcuni aspetti che dovrebbero essere ulteriormente chiariti: ad esempio, con riguardo ai rapporti tra gli intermediari e alcune categorie di clienti. Si pensi a quei soggetti che, se inquadrati in determinate categorie di Certified Deemed-Compliant Italian Financial Institutions, non essendo tenuti a registrarsi presso l’Irs (l’Agenzia delle entrate Usa), dovranno documentare il proprio «status». Come pure taluni aspetti legati agli obblighi degli intermediari nell’ambito dell’attività di distribuzione dei fondi esteri in Italia. Inoltre, in termini più generali, ci si attende che la normativa primaria possa ispirarsi a un approccio «omnicomprensivo», tenendo conto anche dell’evoluzione prevista in materia di scambio automatico di informazioni tra Stati (Common reporting standard) come approvato dall’Ocse lo scorso 13 febbraio. Per gli intermediari italiani e per il mondo del risparmio gestito la normativa Fatca ha tuttavia già avuto un impatto rilevantissimo sulle procedure operative e di compliance, nell’implementazione delle quali, peraltro, non è ad oggi possibile valutare i profili di rischio ai quali gli intermediari sono esposti in caso di errore, dal momento che anche in merito all’apparato sanzionatorio, si hanno solo generiche indicazioni. Ora siamo alla stretta finale e occorre che venga chiarito quanto prima l’intero quadro normativo di riferimento, inclusa la legge di ratifica e le circolari di prassi. La messa in consultazione dello schema di decreto di attuazione e la sua successiva pubblicazione hanno costituito un buon viatico, ora però è importante dare a tutte le disposizioni una veste definitiva.

© Riproduzione riservata