È caccia alle azioni e ai diritti di opzione di Banca Carige a Piazza Affari. Nel secondo giorno di trattazione dell’aumento di capitale, entrambi i titoli sono stati sospesi per buona parte del pomeriggio a causa delle forti richieste che hanno fatto rompere la banda di oscillazione del 20% fissata da Borsa Italiana per le azioni. I titoli ordinari poi hanno chiuso la seduta di ieri con un rialzo del 10% a 0,18 euro, tra scambi pari al 9,5% del capitale pre-aumento, mentre i diritti sono balzati del 18,37% a 0,25 euro, con volumi pari al 2,8%. Dalle comunicazioni alla Consob è intanto emerso che Ubs ha in portafoglio il 4,05% di Carige, in gran parte in diretta proprietà e per il resto in qualità di prestatore e prestatario. L’operazione è datata 9 giugno, prima quindi dell’avvio dell’aumento di capitale molto diluitivo da 800 milioni di euro. Nello specifico, la quota detenuta dall’istituto elvetico direttamente è pari al 3,151%, mentre lo 0,164% è a titolo di prestatario e lo 0,733% di prestatore (senza diritto di voto). Un pacchetto frazionale, pari allo 0,002%, rientra nell’attività di gestione non discrezionale del risparmio e fa capo a Ubs global asset management.
Sempre ieri il tribunale civile di Genova ha dichiarato inammissibile la class action proposta da 250 piccoli azionisti tra cui lavoratori, pensionati e persone che hanno investito i loro risparmi sulla base delle informazioni ricevute dalla banca. Per il tribunale non c’è «legittimazione a agire» in giudizio. Nel corso dell’assemblea di marzo il nuovo presidente Cesare Castelbarco e il nuovo ad Piero Montani espressero tutti i loro dubbi al riguardo, in particolare sulla ammissibilità di una azione del genere di fronte al giudice.