di Paola Valentini
Il boom di raccolta registrato nel 2013 ha portato lo scorso anno all’industria italiana del risparmio gestito oltre 200 mila risparmiatori in più. Secondo l’ultima analisi di Assogestioni, dopo che negli ultimi anni la partecipazione si era quasi dimezzata, nel 2013 il totale stimato dei sottoscrittori di fondi comuni italiani è di nuovo cresciuta portandosi a fine anno a 5,62 milioni dai 5,38 di fine 2012. «L’andamento dei sottoscrittori va in parallelo con il dato di raccolta netta cumulata dei fondi italiani», riporta l’aggiornamento dell’indagine annuale di Assogestioni, intitolata I sottoscrittori di fondi comuni italiani, a cura di Alessandro Rota e Riccardo Morassut.
Nel 2013 questi ultimi hanno ottenuto flussi netti superiori a 11 miliardi di euro, primo dato di raccolta positivo dal 2003. Va detto però che negli anni l’incidenza del numero dei sottoscrittori sul totale della popolazione italiana residente si è quasi dimezzata, passando da quasi il 17% del 2002-2003 al 9% dell’ultimo biennio. Ma ora tutto gioca a favore di un’inversione di tendenza, anche perché la possibilità per le banche di ottenere fondi a basso costo dalla Bce abbasserà ancora di più i rendimenti offerti dagli stessi istituti di credito su depositi e obbligazioni. Quindi gli investitori andranno a caccia di strumenti alternativi dai rendimenti superiori. E i fondi comuni sono in prima linea per intercettare il risparmio in uscita da depositi e bond bancari, potendo contare sui rendimenti di tutto rispetto consentiti dalla ripresa dei mercati. La fotografia scattata dall’associazione del risparmio gestito dice anche che più di 500 mila soggetti (il 10%) detiene più di metà del patrimonio totale. E il 30% dei sottoscrittori di importi più modesti (oltre 1,5 milioni di individui) investe al massimo circa 5.000 euro. Inoltre tra il 2006 e il 2008 le famiglie più agiate hanno ridotto le risorse finanziarie investite in fondi italiani in misura maggiore rispetto alle famiglie meno facoltose. Si assiste anche a un lento ma costante calo della proporzione degli uomini a favore delle donne, che nel 2013 rappresentano il 45% dei sottoscrittori. Tra gli altri dati dal rapporto Assogestioni emerge che l’età media di questi ultimi a fine 2013 è 58 anni. Meno del 6% degli individui di età compresa tra i 26 e i 35 anni investono in fondi, valore che supera il 9% tra i 36 e i 45 anni e poi al 13% tra 46 e 55 anni, per attestarsi al 16% fino ai 75 anni, età oltre la quale il valore tende a ridursi.
Stabile la distribuzione nelle cinque macro aree del Paese: il 65% circa degli investitori risiede al Nord, il 18% nel Centro, e il restante 17% nel Sud e nelle Isole. I livelli di partecipazione più alti, a livello di regione, si osservano in Liguria (14,6%), Emilia-Romagna (13,6%) e Valle d’Aosta (13,4%). Valori che calano man mano che ci si sposta al Sud. Nel tempo l’incidenza dei fondi azionari e bilanciati ha subito una progressiva erosione: a fine 2013, meno del 12% e del 3% rispettivamente dei sottoscrittori concentrava gli investimenti su questi due comparti. Invece fondi flessibili e obbligazionari presentano una dinamica più pronunciata: i primi dal 2006, si sono rapidamente diffusi e oggi sono la scelta principale del 24% dei sottoscrittori. I secondi hanno visto un’ulteriore impennata nell’ultimo biennio, grazie al successo dei fondi a cedola e a scadenza. Per sottoscrivere, il 70% predilige il versamento unico, ma negli anni è cresciuto il ricorso ai piani di accumulo (Pac) che a fine 2013 rappresentavano il 20%.
Infine la maggior parte dei sottoscrittori (85-90%) investe tramite la banca. Il resto si affida ai promotori. (riproduzione riservata)