di Riccardo Ruggeri editore@grantorinolibri.it @editoreruggeri  

 

Oltre vent’anni fa, un giorno atterrai a Omaha (capoluogo della Contea di Douglas, Nebraska) per andare nel nostro stabilimento di macchine agricole di Grand Island, percorrendo un nastro di asfalto bollente, un centinaio di chilometri dritti e piatti ove, come mi disse il direttore, l’altitudine massima della Contea era rappresentata dai formicai lungo la strada.

Lì era nato e operava l’uomo che, per me, meglio di tutti si identifica col capitalismo, Warren Buffet: la formica regina di Wall Street. Un amico che fu tra i primi investitori del fondo Berkshire Hathaway me ne parlò in dettaglio, per anni lo seguii nelle sue strategie di acquisto e di vendita, fu facile concludere che era un genio: faceva solo ragionamenti elementari, il suo unico algoritmo era la semplicità.

Spesso finge di essere democrat e obamiano, probabilmente un vezzo senile. Il palcoscenico di New York è ottimale per osservare le mosse di Buffet

Premetto che per me, in Borsa, non esistono gli «speculatori» (parola vuota, seppur tanto amata dalla Sinistra, dalla Destra, dal Web, dal Vaticano): nella vita ci sono i «giocatori» (considerano la Borsa al pari del Casinò, ne hanno facoltà, quindi appartengono a un certo giardino zoologico), oppure gli «investitori»: Warren Buffet è un investitore, il principe assoluto degli investitori.

L’amico mi ha raccontato che nell’annuale incontro a Omaha del 13 maggio scorso, Buffet, dopo aver parlato della sua successione (causa un tumore alla prostata), ha indicato la sua strategia di investimenti. Per la prima volta ha deciso di «alleggerirsi» nel settore che lo vedeva da sempre protagonista, le «riassicurazioni» (terzo al mondo dopo Swiss Re e Münch Re).

Un’analisi superficiale può far pensare che l’aumento delle temperature terrestri, degli incendi incontrollati, delle piogge torrenziali, facciano diventare le catastrofi naturali sempre più imprevedibili, e quindi i rischi aumentare in modo esponenziale, diventando al limite mortali per le «riassicurazioni».

 

L’analisi di Buffet, proprio perché elementare, è più sottile e strategica. Il mercato dei «catastrophe bond» (cat bond basati sulla scommessa degli investitori che le compagnie di assicurazione debbano risarcire imprese colpite da catastrofi naturali) è recentemente lievitato, in quanto offrono rendite migliori di quelli delle obbligazioni ad alto rischio, soprattutto sono considerati immuni dall’eventuale crollo di altre attività finanziarie.

In questo settore sono entrati molti fondi di investimento, e gli stessi Fondi Pensione, al punto che i rendimenti sono ora del 5% (la metà rispetto a prima). Ciò ha portato a ridurre del 15% i premi assicurativi, all’apparenza un bene, non per la volpe Buffet che ragiona sempre in termini di «rischio-ricompensa». Secondo lui, i rendimenti sono troppo bassi riferiti a attività di questo tipo per giustificare la decisione di coprire i rischi delle catastrofi naturali.

Ricordiamo che in Borsa i saggi dicono: «Guadagni facili possono avere effetti imprevisti». Recentemente, i Fondi Pensione, ingolositi dai rendimenti, potrebbero aver preso rischi eccessivi al verificarsi dell’eventuale prossimo scoppio della bolla, per ora ancora in fase di «gonfiaggio».

Chi mi legge sa che le uniche organizzazioni finanziarie di cui, per ora, ho ancora fiducia sono i Fondi Pensione anglosassoni e giapponesi: finora hanno operato con la doverosa prudenza richiesta. Ma, attenzione, il modello di mondo che noi occidentali abbiamo messo a punto potrebbe non sopravvivere alle conseguenze di un tracollo finanziario dei Fondi Pensione. Questo è uno dei tanti rischi che abbiamo, che stiamo sottovalutando, continuando a vivere spensierati.

Un po’ di attenzione su cosa fa l’Oracolo di Omaha non guasterebbe, il passaggio da uomini a formiche del Nebraska sarebbe seccante.

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