Pagina a cura di Mari Pada
Assicurare l’identità online e prevenire possibili danni alla propria immagine si può. La nuova frontiera della copertura danni viaggia insieme al maggiore utilizzo della rete. Password e profili pubblici sono ormai costantemente a rischio e per tutelarsi dagli effetti negativi di una foto pubblicata da altri o di una notizia che possa rovinare l’immagine di un’azienda sono nati nuovi prodotti assicurativi dedicati. I costi? Pochi euro al mese per le persone fisiche, migliaia per quelle giuridiche. Ma i nodi da sciogliere, soprattutto giuridici, non sono pochi.
E-commerce e social media alla prova. Le Assicurazioni Generali già nel 2000 avevano definito degli accordi per le attività di commercio elettronico dei principali siti di allora per favorirne lo sviluppo. Particolare attenzione era stata posta nella verifica dei sistemi di sicurezza e di prevenzione che possano giustificare coperture così particolari, in altre parole atti dolosi e fraudolenti legati agli acquisti online e determinati da terzi o da dipendenti. Tuttavia oggi il rischio non è legato soltanto alle frodi online, ma si è allargato, a causa dell’espansione dei social network e dei contenuti generati dagli utenti, alla reputazione e alla privacy di persone e imprese. Per queste ultime, l’identità e la fiducia sono un asset importante perché influiscono sulle scelte dei consumatori. Pertanto sono nate, per ora solo negli Stati Uniti, delle coperture ad hoc. Alcune compagnie di assicurazione, tra cui colossi come AIG (American International Group), offrono delle assicurazioni sulla reputazione. Non si tratta di prodotti standardizzati, ma specifici per le aziende già clienti e con altre coperture. Pertanto sono molto care.
Per quanto riguarda i cittadini, in Europa e soprattutto in Francia, stanno prendendo piede dei prodotti specifici. La compagnia francese Axa e la Swiss life hanno lanciato un prodotto dedicato alla e-reputation, in caso di calunnia, diffamazione, pubblicazione di dettagli intimi e privati in internet, oppure di furto d’identità, uso fraudolento di mezzi di pagamento, contrasti in occasione di acquisti online. In Italia il mercato si presenta ancora giovane, ma esistono alcuni prodotti legati alla protezione dell’immagine e che di solito si accompagnano a un pacchetto di coperture ulteriori.
Assistenza legale e tecnica per recuperare la faccia. Le compagnie mettono a disposizione assistenza giuridica, accompagnamento psicologico, assistenza nel recupero della reputazione, pulizia dei dati diffamatori in internet. Il prodotto di Das Difesa web, per esempio consente di verificare, individuare e prevenire possibili furti d’identità o usi fraudolenti dei dati personali monitorandoli costantemente presso i siti web (es. social network o piattaforme che richiedono il loro inserimento) e avvisando il cliente con degli alert per consentire di intervenire tempestivamente qualora l’uso non sia stato da te autorizzato. Se l’utilizzo dei dati si rivelasse illegittimo, viene garantita poi una prima assistenza tecnica per fornir indicazioni e consigli su come comportarsi. Punta sulla privacy e la difesa da lesioni alla reputazione sui social network e nei forum l’opzione Cyber Risk di Axa Mps. La tutela proposta spazia dal furto di identità legato al credito, al ristabilimento dell’affidabilità creditizia antecedente il furto d’identità, alle controversie durante acquisti online su siti di e-commerce e le coperture legali fornite arrivano fino al massimale di 15 mila euro. Nel caso di danni reputazionali, può essere prevista anche l’attività di flooding da parte di periti informatici, al fine di ridurre l’impatto del contenuto lesivo online.
I nodi da sciogliere. Non essendo possibile gestire in totale sicurezza la mole dei dati condivisi né di «silenziare» opinioni denigratorie ai limiti della liceità c’è chi ha pensato di proporre tali polizze a tutela della reputazione.
Le soluzioni proposte nel dibattito generale riguardano in particolare la facoltà di cancellare i dati pubblicati o utilizzati impropriamente su internet. Il cosiddetto «diritto all’oblio», cioè a essere dimenticati, spesso di difficile applicazione e verifica (si vedano i servizi alle pagine precedenti). Cioè tutti gli utenti dovrebbero avere la possibilità di cancellare qualsiasi informazione carichino online. Espandendo il concetto: permettere agli utenti di eliminare le tracce di sé da qualsiasi sito o dai motori di ricerca. Questo, tuttavia, potrebbe limitare la diffusione di informazioni esposte inavvertitamente, ma ridurne la quantità non aiuterebbe quegli utenti la cui reputazione è danneggiata anche da una sola pubblicazione o magari a causa di hacker. Ma sorgono delle problematiche per la loro applicazione. Per quanto riguarda la tutela della privacy dell’individuo contro un’azienda che ha pubblicato ciò che non doveva (numeri di telefono personali, indirizzi email, foto riservate ecc.) la questione primaria è quella di evitare che il singolo una volta tutelato se ne approfitti. Cioè, che una copertura assicurativa porti al fenomeno delle frodi, in cui magari si incentivano gli utenti a pubblicare foto e video imbarazzanti di se stessi per poi richiedere il risarcimento alla piattaforma che li ospita.
Ulteriore difficoltà è legata all’individuazione del regime giuridico da applicare: quello che ospita la piattaforma, quello della sede legale della società o quello della residenza dell’utente? Inoltre, individuato il regime giuridico del Paese, sarà necessario misurare o definire il danno alla propria reputazione online e quantificarlo. La difficoltà in particolare è delle imprese, che faticano esse stesse a quantificare l’impatto finanziario del rischio reputazionale sul proprio business.
Nel dibattito generale il diritto all’oblio permetterebbe di risolvere alcune questioni. La facoltà di cancellare i dati pubblicati o utilizzati impropriamente su internet permetterebbe agli utenti di eliminare le tracce di sé da qualsiasi sito o dai motori di ricerca. Questo, tuttavia, potrebbe limitare la diffusione di informazioni esposte inavvertitamente, ma ridurne la quantità non aiuterebbe quegli utenti la cui reputazione è danneggiata anche da una sola pubblicazione o magari a causa di hacker. Inoltre il presupposto è che ogni utente abbia la possibilità di cancellare qualsiasi informazione caricata online, cosa difficile se le informazioni sono state pubblicate da un terzo soggetto (la classica foto compromettente pubblicata su Facebook da amici e conoscenti).
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