di Andrea Montanari
Quello che di fatto è l’unico asset in portafoglio (se si eccettua lo 0,6% nella Cdp) costa un profondo rosso alla Fondazione Carige: il 2013 si è chiuso con una perdita di 926 milioni.
È stato il Mef a chiedere lumi su quegli anni e in particolare sulle relazioni con lo Ior legate al prestito emesso nel 2010 dalla Fondazione e sottoscritto dalla banca vaticana. Istituto quest’ultimo che poi nell’arco di un paio d’anni lo rigirò all’ente: un deal costato oltre 100 milioni. Oltre a questi aspetti, si farà un’attesa valutazione alla situazione giudiziaria. Dal punto di vista operativo, invece, la priorità è quella di «mettere in sicurezza la Fondazione», ha ribadito Momigliano che deve tagliare di netto il debito di 200 milioni e trovare anche le risorse per garantire le erogazioni al territori: ora servono subito 20 milioni per fare fronte a quelle già maturate e garantite alla regione. «Dobbiamo completare la vendita del pacchetto azionariato e scendere al 19% come ci ha autorizzato il ministero», continua Momigliano. «Lo faremo fuori dal mercato regolamentato». Comprerà il finanziere Andrea Bonomi? «Non abbiamo ricevuto la sua offerta, ma l’advisor (Banca Imi) sta facendo il suo lavoro e di interesse ne è stato riscontrato sul mercato». Una volta scesa al 19%, «è possibile che la Fondazione stringa un patto di sindacato con altri azionisti». Ma poi, Momigliano dovrà avviare la fase 2 del suo mandato: la diversificazione degli investimenti e il ridimensionamento dell’ente, sia in termini di organi societari sia in fatto di costi. (riproduzione riservata)