di Anna Messia
I fondi pensione e le casse professionali sono pronti a sostenere lo sviluppo dell’economia reale italiana e tutti i soggetti interessati sono già al lavoro per cercare lo strumento più adatto per consentire questo afflusso. Il tema è emerso ieri durante la relazione annuale delle Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione guidata da Rino Tarelli. «È un controsenso avere una previdenza complementare florida mentre il sistema economico è in forte difficoltà», ha dichiarato Tarelli a MF-Milano Finanza, «anche perché l’investimento nell’economia reale può rappresentare un’ottima occasione per gli stessi fondi».
Ma in ballo c’è anche il nuovo decreto sul limite degli investimenti dei fondi pensione, chiamato a rivedere regole del 1996, che dovrebbe essere ormai in dirittura d’arrivo. Intanto anche il governo ha alzato la guardia con il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che ieri, intervenendo in occasione della relazione Covip, ha puntato l’attenzione sul «paradosso che le risorse dei lavoratori italiani non possono oggi essere investire sul sistema imprenditoriale italiano».
Poletti è intervenuto anche sulla questione della flessibilità dei fondi in uscita. «Non vorrei immaginare la previdenza complementare come un ammortizzatore sociale», ha detto il ministro, «ma è anche vero che ci sono modalità talmente rigide che rendono inutilizzabile una risorsa che potrebbe essere usata per i cittadini in tempi diversi». Il nodo, non ancora sciolto, è quello degli esodati, «ma anche di chi perde il lavoro a un anno dalla pensione», ha spiegato Poletti che sul possibile riordino delle authority, e quindi sull’eventuale riassetto della stessa Covip, ha aggiunto invece che «il governo è pronto a discutere pro e contro, e farà una scelta motivata». Per quanto riguarda infine i numeri della previdenza complementare nel 2013 il rendimento medio dei fondi aperti è stato dell’8,1%, con il 5,4% dei negoziali e il 12,2% dei pip, mentre nello stesso periodo il Tfr si è rivalutato solo dell’1,7%. Crescono gli iscritti silenti, ovvero i lavoratori che per colpa della crisi, hanno smesso di versare contributi, saliti a 1,4 milioni, su un totale di 6,3 milioni. (riproduzione riservata)