Nuove indagini, altri manager sotto la lente dei pm. Ieri è emerso che la Procura di Milano sta indagando sull’amministratore delegato di UnipolSai, Carlo Cimbri, nell’inchiesta che riguarda un presunto aggiottaggio (ormai un classico nei presunti reati finanziari) nell’operazione di fusione che ha dato vita alla società. Un’operazione, vale la pena ricordarlo, che ha salvato FonSai dal crack, ha dato vita al secondo gruppo assicurativo del Paese e soprattutto si è conclusa ben due anni fa. Così si moltiplicano le vicende finanziarie che finiscono sotto i riflettori della magistratura, tanto che le società di Piazza Affari potrebbero accordarsi per affittare una foresteria dalle parti di Via Freguglia, a Milano. Fa tuttavia riflettere il fatto che l’avviso di garanzia nei confronti di Cimbri sia arrivato all’indomani dell’archiviazione delle accuse a carico di Marco Tronchetti Provera da parte del pm Alfredo Robledo, al centro della battaglia tra pm che si è scatenata al Tribunale meneghino. Insomma, fuori uno dentro un altro.
La vicenda giudiziaria legata al numero uno di Pirelli, catapultato nell’indagine sui dossier illegali ai tempi in cui controllava Telecom Italia, merita di essere analizzata. Nel 2008, alla fine delle indagini preliminari avviate nel 2005, il procedimento aveva portato al rinvio a giudizio di oltre 30 persone, ma non toccava in alcun modo Tronchetti. Un anno dopo, con il rinvio degli atti alla Procura della Repubblica di Milano, la posizione del presidente di Pirellisi era riaperta e Tronchetti risultava iscritto tra gli indagati per varie ipotesi di reato. Da quel momento, titoloni dei giornali, grande sdegno dei soliti che «avevano sempre saputo» e danni per le aziende e per l’immagine di Tronchetti Provera, di cui si può discutere la strategia industriale portata avanti in Telecom ma non più la liceità dei comportamenti. Perché dal 2011 è iniziata la sequela di archiviazioni. Non per prescrizione, ma perché le accuse non stavano in piedi. Le ipotesi di reato sono state via via stralciate, fino all’altro giorno quando l’ennesimo decreto di archiviazione ha decretato che Tronchetti era estraneo a reati come associazione per delinquere, corruzione internazionale o concorso formale in reato continuato. Ci sono voluti sei anni per avere la conferma di quanto i pm avevano in fondo accertato già alla fine delle indagini preliminari. Si dirà, sono i tempi della giustizia italiana, un cancro ben noto di cui ha fatto le spese, ad esempio, Silvio Scaglia, ex numero uno di Fastweb il cui iter giudiziario è stato un calvario anche peggiore di quello di Tronchetti. Però, leggendo delle indagini di Cimbri, che finiranno in evidenza in tutti i media italiani, è opportuno che si faccia presto chiarezza, che non si ripeta una storia già vista e che si evitino accanimenti che si risolvono poi in bolle di sapone. Ne va soprattutto della dignità delle persone, del prestigio dei magistrati e della fiducia dei cittadini. (riproduzione riservata)