di Andrea Di Biase
Non è stato all’altezza delle aspettative, per usare un’eufemismo, il collocamento da parte della Fondazione Carige di un consistente pacchetto di azioni di Banca Carige, avviato nel pomeriggio di martedì e concluso solo ieri mattina.
L’ente presieduto da Paolo Momigliano, che dopo avere ritenuto non adeguate le manifestazioni di interesse avanzate da parte di alcuni investitori finanziari (tra cui la Investindustrial di Andrea Bonomi), puntava a raccogliere almeno 140 milioni dal collocamento del 15% diBanca Carige. Risorse che, nei piani della Fondazione, sarebbero state destinate in parte al rimborso del debito e in parte alla sottoscrizione del prossimo aumento di capitale da 800 milioni della banca guidata da Piero Luigi Montani. Ma l’esito dell’operazione, affidata a Banca Imi e Credit Suisse, non ha dato i frutti sperati. Alla chiusura dei libri da parte dei due joint bookrunner, infatti, la quota effettivamente collocata sul mercato è stata pari al 10,96%. Poco più del 4% è rimasto invece in mano alla Fondazione, cui non ha giovato la decisione di allettare gli investitori abbassando il prezzo del collocamento fino a 0,40 euro per azione, rispetto alla forchetta di prezzo, già a sconto rispetto alla chiusura di martedì (0,502 euro) che inizialmente veniva indicata tra 0,435 e 0,48 euro.
A conti fatti, l’incasso per la Fondazione è stato dunque di 95,29 milioni, nettamente inferiore alle aspettative della vigilia. Non solo, il forte sconto sul prezzo di borsa applicato nel collocamento ha avuto l’effetto di trascinare al ribasso il corso del titolo Carige, che ha chiuso la seduta di ieri in calo del 17,33% a 0,415 euro. Fonti di mercato hanno sottolineato che le difficoltà nel collocare tutto il 15% sono derivate proprio dalla consistente entità del pacchetto e dal fatto che l’operazione è avvenuta troppo a ridosso dell’avvio dell’aumento di capitale della banca. Circostanza, quest’ultima, che ha spinto i sottoscrittori a chiedere un prezzo ulteriormente scontato. Se si considera poi la turbolenza che ha caratterizzato Piazza Affari nelle ultime sedute, è più facile comprendere le ragioni del mancato collocamento di tutta la quota.
Nonostante tutto, però, i vertici della Fondazione Carige non sembrano particolarmente scontenti o preoccupati, anche perché il 4% circa non collocato potrà comunque essere venduto a piccoli blocchi nelle prossime sedute, facendo dunque lievitare almeno un po’ l’incasso. In particolare il presidente Momigliano, in una dichiarazione all’Ansa, ha voluto sottolineare che grazie alla vendita anche solo dell’11% di Banca Carige e con le cessioni sul mercato degli ultimi mesi «abbiamo incassato 150 milioni di euro. Siamo molto soddisfatti», ha aggiunto il numero uno dell’ente, «è stato fatto un passo importante per la messa in sicurezza della Fondazione», visto con quanto incassato finora quest’ultima è ora in grado di ripagare buona parte dei debiti che gravano sull’ente, pari a circa 200 milioni di euro. Inoltre la Fondazione, che ha ancora in carico circa il 29% della banca, oltre al 4% non collocato ieri, può anche smobilizzare un’altra quota del 10% prima dell’aumento di capitale di Banca Carige, in agenda a metà giugno, incassando ulteriori risorse. Adesso l’ente valuterà con l’advisor Banca Imi le alternative a disposizione sulla quota, per cui esistono manifestazioni di interesse e scenari alternativi. Giovedì 29 maggio sono in agenda il consiglio di indirizzo e il consiglio di amministrazione della Fondazione. (riproduzione riservata)