Niente responsabilità professionale se non c’è il mandato. L’obbligo di informazione nei confronti del cliente sussiste solo se è dimostrato il conferimento dell’incarico. In caso contrario, l’assistito non può chiedere al proprio consulente il risarcimento del danno derivante dall’attività professionale. È quanto ha affermato la seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 10189/14, depositata ieri.
Il caso vedeva coinvolto un contribuente che chiamava in causa il suo ex commercialista. Quest’ultimo nei primi anni 90 aveva omesso di impugnare una sentenza della Ctp Verona in materia di Iva sfavorevole al proprio cliente, contrariamente alle istruzioni ricevute. Ritrovatosi così condannato in via definitiva a pagare quanto richiesto dal fisco, il contribuente non aveva nemmeno potuto aderire al successivo condono ex legge n. 413/1991 in assenza della pendenza della lite.
Da qui la richiesta di risarcimento in sede civile nei confronti del professionista. Ragioni accolte nel 2006 dal tribunale di Verona, che ha quantificato il ristoro in circa 50 mila euro, e poi confermate dalla Corte d’appello di Venezia nel 2008. Secondo gli «ermellini», però, male avevano fatto i giudici di merito a ritenere irrilevante l’esistenza o meno dell’incarico di impugnare la decisione della Ctp. È vero che il professionista «deve porre il cliente in grado di decidere consapevolmente», si legge nella sentenza di ieri. Tuttavia, l’onere professionale di informazione «quale fonte di responsabilità risarcitoria è del tutto o parzialmente escluso nel caso di manifestazione ostativa o mancato conferimento dell’incarico professionale de quo». Una prova che può essere agevolmente esibita in presenza di una lettera di incarico in forma scritta (oggi peraltro utilizzato dalla maggior parte dei professionisti), ma che può risultare ben più complicata da fornire laddove il mandato sia conferito in forma verbale (come sovente avveniva in passato). Accogliendo il ricorso del professionista, pertanto, i giudizi di piazza Cavour cassano la sentenza impugnata e rinviano la causa alla Corte d’appello di Venezia.
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