I numeri sono ancora piccoli, ma l’inversione di tendenza si vede. Nel 2013 è cresciuto il numero delle famiglie italiane che ha in portafoglio azioni quotate a Piazza Affari, a discapito dei Btp. Non è un caso. Il rally della borsa italiana nel 2013 (+16% il Ftse Mib), che è proseguito anche quest’anno (+15% nei primi quattro mesi), sta cominciando a convincere i risparmiatori a guardare con più interesse alle azioni italiane.
Dalla relazione annuale della Consob emerge che la partecipazione dei risparmiatori italiani ai mercati finanziari, espressa dalla percentuale di famiglie che investono in strumenti rischiosi (azioni, obbligazioni, risparmio gestito e polizze vita), è lievemente aumentata rispetto al 2012 passando dal 24,7 al 26,3% circa. In ogni caso tale dato continua a essere significativamente inferiore al valore del 2007, quando si attestava a circa il 38%, per effetto delle crisi che si sono susseguite negli ultimi anni. Quanto alle singole scelte di portafoglio, dalle elaborazioni Consob sui dati Gfk Eurisko, risulta che l’investimento in titoli di Stato italiani continua a registrare il maggior tasso di partecipazione (poco più del 12%), pur risultando a fine 2013 in calo di quasi un punto percentuale rispetto all’anno precedente e anche rispetto al 2007, ovvero al periodo pre-crisi. D’altra parte la discesa dello spread ha reso meno appetibili i titoli del Tesoro italiano, i cui rendimenti oggi viaggiano ai minimi.
Sono rimasti sostanzialmente stabili, invece, i dati relativi alla quota di famiglie che detengono, rispettivamente, obbligazioni bancarie (9,5% a fine 2013) e fondi comuni o sicav (6%). Segno, in quest’ultimo caso, che il boom della raccolta fondi del 2013 è stato guidato da chi i fondi li deteneva già e non da nuovi sottoscrittori. Il segnale positivo, come si diceva, arriva dalle azioni. È lievemente aumentata la percentuale di investitori in azioni quotate italiane (dal 2,9% a fine 2012 al 3,5% di fine 2013). Tendenza positiva anche per le obbligazioni estere (detenute dall’1,4% delle famiglie, corrispondente a +0,6 punti percentuali). Al contrario è in continuo calo la quota degli investitori che ha in portafoglio azioni estere (nel 2013 lo 0,7% contro lo 0,9% circa del 2012, mentre erano superiori all’1,5% nel 2007). Guardando invece come sono ripartiti i vari strumenti di investimento sul totale delle attività finanziarie delle famiglie italiane (che valgono circa 3.700 miliardi di euro), le analisi della Consob rilevano che la quota investita in titoli di Stato si è contratta di circa 4 punti percentuali (passando dal 17,1% nel dicembre 2012 al 13,7% nel dicembre 2013). Nello stesso periodo l’investimento in prodotti del risparmio gestito ha mostrato un lieve aumento portandosi all’11% (+0,4 punti percentuali), mentre quello in obbligazioni (italiane ed estere) si è contratto dal 15,4 al 13,8%. Anche il dato relativo alle azioni ha subito una flessione, passando dal 5,3 al 4,2% delle attività finanziarie in portafoglio, ma qui le analisi non scendono nel dettaglio e il dato comprende, oltre alle azioni italiane, anche quelle estere e di società non quotate. Mentre le polizze sono cresciute dal 4% circa del 2012 al 6% circa. L’investimento in depositi e risparmio postale, infine, è rimasto stabile attorno al 47% e nettamente superiore al dato relativo al 2007, quando si attestava al 38% circa.
Nel frattempo il ricorso al servizio di consulenza da parte degli investitori retail resta poco diffuso. A fine 2013, la quota di famiglie che hanno ricevuto proposte di investimento personalizzate dal proprio consulente finanziario, sebbene in aumento rispetto all’anno precedente, continua a essere inferiore al dato rilevato prima del default di Lehman (2008). Quasi la metà di queste famiglie, inoltre, non sa distinguere le modalità con le quali riceve il servizio. «Tale dato risulta coerente con il basso livello di educazione finanziaria che, come noto, caratterizza l’investitore italiano medio», avverte la relazione Consob.