di Andrea Di Biase
La nuova governance delle Generali piace agli investitori internazionali. Ieri nel corso dell’assemblea che ha approvato i conti del 2013, chiusi con un utile netto di 1,91 miliardi e la distribuzione di un dividendo di 0,45 euro per azione (in pagamento dal 22 maggio), gli investitori istituzionali esteri presenti in proprio o per delega alla Stazione Marittima di Trieste, rappresentavano complessivamente il 15,28% del capitale.
Dall’arrivo, nell’agosto del 2012, di Mario Greco alla guida del Leone, la governance delle Generali è profondamente cambiata rispetto agli anni precedenti, ma si è trattato di un processo lungo e tortuoso, iniziato nel 2007, con l’ingresso in cda di figure di elevato standing e non legate direttamente a Mediobanca, e portato a compimento solo grazie alla determinazione di Nagel e degli altri soci stabili. Da questo punto di vista, ieri, nel corso dell’assemblea, il presidente delle Generali, Gabriele Galateri, ha riconosciuto il lavoro in termini di modernizzazione della governance, anche in chiave di rilancio della compagnia, fatta dagli azionisti. «L’ambizioso progetto di turnaround» della società, ha sottolineato Galateri, «richiede una governance adeguata e moderna» e «con la decisa spinta di Mediobanca guidata da Alberto Nagel e dei nostri principali azionisti, Caltagirone, De Agostini e Del Vecchio, il gruppo si è rinnovato molto negli anni recenti». Parole distensive verso i soci che sembrano, almeno in apparenza, fugare l’esistenza di eventuali frizioni tra Greco e gli azionisti stabili sulla gestione dei rapporti con gli ex vertici della compagnia, Giovanni Perissinotto e Raffaele Agrusti, nei confronti dei quali è stata avviata un’azione legale di natura giuslavoristica relativa a presunti danni arrecati alla compagnia da alcune operazioni da loro condotte. Il 24 febbraio, ha spiegato Galateri, è stata presentato il ricorso contro Agrusti e il 28 marzo contro Perissinotto, chiedendo quindi di unire le due cause (un’udienza lo deciderà il 29 maggio). Galateri ha comunque chiarito che tali iniziative «sono state decise nell’unico ed esclusivo interesse della società», con una procedura «estremamente scrupolosa, in linea con le migliori prassi internazionali».
Un rappresentante di fondi con lo 0,5%, Antonio Albano di Talete Finance, è in particolare intervenuto chiedendo a Generali «la massima trasparenza» sulle operazioni oggetto della controversia, senza però ottenere che venga reso pubblico il rapporto di Kpmg sull’intera vicenda. «È un documento interno», ha detto Greco. «Non crediamo che attività del genere possano ripetersi nella società», ha comunque rassicurato. Quanto ai rapporti con i soci veneti (tramite Ferak), Generali ha chiarito di avere «rapporti per 200 milioni con Finint» e un’esposizione di 300 milioni verso Veneto Banca. A stretto giro Enrico Marchi e Andrea de Vido hanno tuttavia ribattuto che tra Finint e il Leone, a parte le partecipazioni azionarie incrociate, non c’è alcuna esposizione. Riguardo ai rapporti con altri azionisti, i finanziamenti in essere con Mediobanca, è stato chiarito sono pari a 184 milioni, dopo che il prestito ibrido per 500 milioni è stato rimborsato a inizio mese, con un’esposizione per 300 milioni.
Dal punto di vista operativo le Generali guardano con fiducia al 2014 e al 2015 e puntano a raggiungere in anticipo gli obiettivi sul capitale per migliorare la politica dei dividendi. Così ha indicato Greco ai soci riuniti in assemblea. Sul capitale «contiamo di raggiungere gli obiettivi, di raggiungerli prima del tempo e quindi di rivedere la politica dei dividendi in senso migliorativo per gli azionisti», ha detto in particolare Greco.
L’assemblea ha inoltre nominato il nuovo collegio sindacale, che sarà presieduto da Carolyn Diettmeier, quale primo candidato della lista presentata da Assogestioni. Entrano nell’organismo anche Lorenzo Pozza e Antonia Di Bella, eletti dalla lista presentata daMediobanca. (riproduzione riservata)