Mariano Mangia
Lo leggo dopo
Roma È il risparmio gestito il «ricostituente » dei bilanci delle banche. La raccolta del canale bancario è tornata in positivo, non accadeva dal 2005, e nel conto economico le commissioni incassate, grazie anche alle più ricche commissioni di collocamento dei prodotti di maggior successo, i fondi a scadenza predefinita con cedola, vanno a compensare il calo dei margini dell’attività tradizionale. Ma il risparmio gestito permette anche di incassare liquidità e di migliorare gli indicatori di solidità patrimoniale, quando le attività di risparmio gestito vengono cedute. E’ la strada seguita a suo tempo da Montepaschi e Popolare di Milano, che con il collocamento in borsa di Anima ridurranno ulteriormente la loro partecipazione nella Sgr, cui avevano venduto le società di gestione. E’ la strada, obbligata, seguita in tempi più recenti da Banca Carige, che con la cessione ad Arca della sua sgr ha migliorato di 40 punti base il Core Tier 1, il rapporto tra patrimonio di base e attività ponderate per il rischio. Ancora, Veneto Banca ha posto in vendita Banca Intermobiliare che controlla a sua volta Symphonia Sgr e anche per il Banco Popolare, alle prese con ratio patrimoniali e aumenti di capitale, si era ventilata una possibile cessione di Aletti Gestielle sgr. Il risparmio gestito è centrale anche nei piani di sviluppo dei due principali gruppi bancari italiani, sia pure con strategie diverse. Svalutazioni su avviamento e accantonamenti aggiuntivi su
crediti hanno determinato una perdita di bilancio record, 14 miliardi di euro, per Unicredit e la quotazione di FinecoBank nel 2014 è una delle misure preannunciate per liberare fino a 30 punti base di capitale. FinecoBank si distingue dalle altre reti, come Azimut, Mediolanum o Banca Generali. E’ una sorta di ibrido, una banca-rete con oltre 2.400 promotori finanziari e asset finanziari per 42 miliardi, ma anche la piattaforma di trading online leader nell’Unione Europea; non ha, poi, una propria sgr, sette fondi su dieci nell’offerta ad architettura aperta sono di società esterne al gruppo. Sarà quotato l’asset gathering del gruppo, chi raccoglie risparmio, e non chi lo gestisce, Pioneer, per la quale il Financial Times aveva ventilato l’ipotesi, poi smentita dalla banca, della cessione o della quotazione, dopo che era già sfumata, nel 2011, prima la vendita sul mercato e poi la fusione con Eurizon di Intesa Sanpaolo. Anche Pioneer si distingue nel panorama delle sgr bancarie: è la più internazionale, di fatto un asset manager globale che può contare su una presenza consolidata negli Usa, è qui il 20% dei 174 miliardi di euro di masse gestite, ed è la meno «captive», dipende cioè meno dei clienti degli sportelli del gruppo. Per farla crescere, al ritmo del 9% annuo, il nuovo piano industriale di Unicredit spinge proprio sullo sviluppo del business non captive che dovrebbe passare dall’attuale 47% al 55% delle masse totali, attese nel 2018 a quota 263 miliardi. L’altro grande operatore del risparmio gestito, il gruppo Intesa Sanpaolo, non ha esigenze di rafforzamento patrimoniale, pur avendo chiuso in perdita, 4,5 miliardi, l’esercizio 2013. Un bilancio che ha registrato un incremento record delle commissioni nette e, tra queste, le commissioni derivanti da attività di gestione, intermediazione e consulenza, aumentate del 23%, contribuiscono per quasi la metà del totale. Il risparmio gestito resta, dunque, strategico e una delle misure previste dal nuovo piano industriale è la creazione di un polo dell’asset management da 221 miliardi, ottenuto con l’integrazione di Fideuram Asset Management Ireland nel gruppo Eurizon Capital che diventerà così il terzo operatore di risparmio gestito bancario in Europa, con una presenza nell’Europa dell’Est e una joint venture in Cina. Esclusa dall’operazione Fideuram Investimenti che seguirà la controllante Banca Fideuram in un altro «polo», quello del private banking. Nel piano industriale è previsto che le masse gestite del polo di asset management, definito «fattore abilitante per possibili partnership con primarie società internazionali di asset management», una frase che lascia intravedere ulteriori sviluppi, crescano a un tasso annuo del 7,5%, raggiungendo i 295 miliardi nel 2017. Le banche, dunque, puntano ancora su una crescita del risparmio gestito. Come viene, tuttavia, sottolineato nell’ultimo Osservatorio sui risparmi delle famiglie italiane di Gfk Eurisko — Prometeia, la crescita del risparmio gestito nel 2013 è stata guidata soprattutto dalla vendita di fondi a chi già ce li ha, da «un maggior lavoro in profondità sugli attuali possessori di questi prodotti». C’è, invece, un ampio mercato potenziale, praterie secondo gli estensori dell’Osservatorio, ed è quello rappresentato da clienti con portafogli superiori ai 10mila euro che non investono in prodotti di risparmio gestito. Convincerli non è facile, implica un cambio di passo «nei linguaggi, nella proposizione, più vicina ai progetti di vita delle persone che ai mercati, nella consulenza — sia di alto profilo che low cost — per inserire proposte e soluzioni in quel quadro di comprensibilità e utilità che oggi appare la principale richiesta dei clienti ». Qualche segnale già si coglie: nel piano industriale di Intesa Sanpaolo, ad esempio, il progetto «Banca 5», l’offerta di almeno cinque prodotti chiave per cliente che dovrebbe portare a un raddoppio nel 2017 dell’attuale ricavo medio, alla voce investimenti indica come prodotti piani di accumulo e previdenziali. Il risparmio gestito è diventato centrale nei piani di sviluppo dei due principali gruppi bancari italiani Secondo l’Osservatorio di Gfk Eurisko Prometeia, la crescita del risparmio gestito è stata guidata soprattutto dalla vendita di fondi a chi già ce li ha