Anche gli italiani potranno scegliere liberamente dove curarsi, con le relative garanzie e rimborsi, all’interno dei confini dell’Unione europea. Il consiglio dei ministri ha infatti, recepito in via definitiva la direttiva 2011/24, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (in sostanza, recependo l’accordo sulla «Schengen della salute» in vigore dal 25 ottobre ma non applicato finora da molti Paesi) e l’altra direttiva 2012/25, che prevede misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro. Nasce così, ha sottolineato il ministro Lorenzin, un vero e proprio «sistema sanitario europeo», dove ogni cittadino comunitario potrà scegliere se curarsi nel proprio paese o in un altro, tenendo presenti alcuni vincoli.
Sarà consentito, infatti, recarsi in un altro Stato membro al fine di riceverne cure e ottenere al proprio rientro il relativo rimborso. Il rimborso avverrà alle condizioni e nei limiti stabiliti dalla legislazione dello Stato di appartenenza dell’assistito. I costi relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, spiega una nota ministeriale, saranno rimborsati o direttamente pagati dallo Stato membro di affiliazione in misura corrispondente ai costi che il sistema avrebbe coperto se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata nello Stato membro di affiliazione, senza che tale copertura superi il costo effettivo dell’assistenza sanitaria ricevuta. Inoltre il medesimo intervento, attraverso il recepimento della direttiva 2012/52/Ue, è diretto ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in altro Stato membro. Si prevede che le prescrizioni mediche rilasciate nel territorio nazionale per essere utilizzate in un altro Stato membro, dovranno contenere precisi dati, con specifiche caratteristiche e contenuti. Con l’entrata in vigore del provvedimento prende avvio anche l’attività del «Punto di contatto nazionale» sull’assistenza transfrontaliera, che rappresenterà il punto di raccordo tra gli utenti, i prestatori di assistenza sanitaria, gli Stati membri e la Commissione. La funzione del Contact Point consisterà essenzialmente nel fornire: informazioni relative ai prestatori di assistenza sanitaria, ivi comprese quelle sul diritto a fornire prestazioni specifiche o su eventuali restrizioni; informazioni relative agli standard e orientamenti di qualità e sicurezza definiti dallo Stato membro di cura, ivi comprese le disposizioni sulla vigilanza e sulla valutazione dei prestatori di assistenza sanitaria; le informazioni circa l’accessibilità agli ospedali e le relative liste di attesa; le informazioni circa le condizioni di rimborso dei costi, le procedure di denuncia e i meccanismi di tutela, le possibilità amministrative e giuridiche disponibili per risolvere le controversie anche in caso di danni derivanti dall’assistenza sanitaria. La Direttiva sulle cure transfrontaliere, come ha tenuto a sottolineare Lorenzin al termine del consiglio dei ministri, «rappresenta una grande opportunità per il nostro sistema perché ci consentirà di rilanciare le nostre eccellenze all’estero. Sarà l’occasione per promuovere le nostre strutture di eccellenza e quindi incrementare la nostra capacità di attrazione dei cittadini dei paesi dell’Ue».
In base alla Direttiva il rimborso da parte dello Stato di appartenenza delle prestazioni godute all’estero avviene in misura corrispondente ai costi che il sistema nazionale avrebbe coperto se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata nello stesso Stato membro di appartenenza. In ogni caso tale copertura non può superare il costo effettivo dell’assistenza sanitaria ricevuta all’estero. Questo fa sì che dall’applicazione della citata direttiva non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La direttiva prevede che, a determinate condizioni, possano essere posti dei limiti alla relativa mobilità. In particolare, gli Stati possono porre tre ordini di limiti, così sintetizzabili: limiti all’accesso alle cure nel proprio territorio da parte di pazienti provenienti da altri Stati Ue; limiti ai rimborsi delle cure transfrontaliere godute dai propri cittadini in altri Stati dell’Unione europea; limiti consistenti nella possibilità di sottoporre talune prestazioni transfrontaliere ad autorizzazione preventiva (quando sia necessario per controllare i costi ed evitare ogni spreco di risorse umane, tecniche e finanziarie, oppure per assicurare un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità, oppure se la prestazione sanitaria comporta il ricovero del paziente per almeno una notte o richieda l’utilizzo di una infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose, oppure nei casi in cui la cura transfrontaliera di cui il paziente intenda godere comporti un rischio particolare per il paziente stesso o per la popolazione, oppure sia effettuata da un medico o una struttura che susciti gravi e specifiche preoccupazioni quanto alla qualità o alla sicurezza dell’assistenza).
Il decreto legislativo dispone che il ministro della salute, di concerto con l’economia, previa intesa in Conferenza stato-regioni, può adottare misure limitative dell’accesso alle cure in Italia ove ricorrano le condizioni richiamate dalla direttiva Ue, che attengono all’insorgenza di motivi imperativi di interesse generale, quali le esigenze di pianificazione per assicurare nel territorio nazionale la possibilità di un accesso sufficiente e permanente a cure di elevata qualità o la volontà di garantire un controllo dei costi ed evitare sprechi di risorse finanziarie, tecniche e umane.
Il decreto individua le Asl quali soggetti competenti sia al rilascio dell’eventuale autorizzazione preventiva che all’erogazione del rimborso dei costi.