Non è vero che la previdenza pubblica barcolla perché la riforma Fornero non è stata abbastanza severa e che ora c’è bisogno di tagliare ancora le pensioni. è sbagliato affermare che la spesa pensionistica è cresciuta rispetto al pil: la verità è che è il pil a essere crollato, che i pensionati diminuiscono di numero e che ancor più velocemente si riduce la platea di coloro che pagano i contributi previdenziali.

Tempo di fare un bilancio, ancora una volta.

Stavolta si tratta dell’Inps, della riforma Fornero e della politica di rigore a tutti i costi perseguita dal governo Monti. La relazione al bilancio dell’Inps per il 2014 è stato forse l’ultimo atto ufficiale dell’ex presidente Mastropasqua, la cui durata in carica era stata differita al 31 dicembre 2014 dal decreto legge 201 del 6 dicembre 2011. Proprio il decreto che, immediatamente battezzato «Salva Italia», riformò le pensioni e fece abbattere una gragnuola di tasse sugli italiani. Vivevano al di sopra delle loro possibilità e dovevano essere messi a regime. I numeri dell’Inps servono, ancora una volta, per capire che cosa sia successo da allora. La mini-riforma Tremonti, quella che eliminò le finestre di uscita per differire di un anno il pagamento del primo rateo di pensione, ha inciso fortemente sul numero dei nuovi assegni liquidati, diminuiti del 43% tra il 2012 (erano 1,14 milioni) e il 2013 (scesi a 649 mila). L’allungamento della vita lavorativa disposto dalla riforma Fornero farà scendere ancora dell’8,2% il numero delle nuove pensioni nel 2014 (597 mila).

La frenata previdenziale si rileva ancora meglio dalla differenza tra il numero di pensioni vigenti a fine 2013 (18,519 milioni) e quelle previste per fine 2014 (18,376 milioni): 143 mila in meno. Gli squilibri derivano invece dal calo del numero dei contribuenti: considerando tutte le gestioni, erano 22,28 milioni nel 2012, sono scesi a 21,787 nel 2013 e si prevede passeranno a 21,69 nel 2014: – 493 mila unità tra il 2012 e il 2013 e un ulteriore -97 mila persone alla fine di quest’anno, con una contrazione complessiva di 590 mila unità. In termini percentuali siamo nell’ordine del -2,7%. Per il Fondo lavoratori dipendenti la contrazione complessiva è di 459 mila unità. Ciononostante, le entrate contributive sono passate dai 208 miliardi del 2012 ai 210 miliardi del 2013 per arrivare quest’anno a 211. Un calcolo volutamente banale, volto a ipotizzare il valore dei contributi che saranno persi dall’Inps nel 2014 a causa della riduzione del numero dei contribuenti rispetto al 2012, e cioè dei disoccupati provocati dalla crisi economica e dalle misure di austerità che l’hanno aggravata, porta a una cifra imponente: 5,7 miliardi. Questa somma è pari al 2,7% del montante dei contributi pagati da 21,690 milioni di lavoratori e che nel 2014 sarà pari a 211 miliardi di euro. Una cifra del tutto coerente con l’aumento di 3 miliardi di contributi che si registra tra il 2012 e il 2014 nonostante la contrazione del numero dei contribuenti. Il bilancio della strategia della deflazione interna, il recupero della competitività attraverso la riduzione della domanda interna e dei salari provocata dai fallimenti aziendali e dai licenziamenti si sta dimostrando ancora una volta fallimentare. La maggior disoccupazione ha peggiorato i conti Inps nonostante il dimezzamento dei nuovi collocamenti in pensione tra il 2012 e il 2014 e la riduzione del numero dei pensionati.

Per minare gli equilibri economici e finanziari di tanti Paesi europei e la coesione politica dell’intera Europa sono bastati pochi slogan, ripetuti ossessivamente: la propaganda del pareggio strutturale del bilancio e del deficit congiunturale al 3% a qualsiasi costo. Hanno convinto i Parlamenti e intimorito i cittadini, ma con la realtà dei numeri c’è ben poco da fare. I numeri, loro sì, sono terribilmente testardi. (riproduzione riservata)