di Marcello Bussi
La tempesta sugli emergenti sembra già passata, con le principali borse mondiali che ieri hanno chiuso tutte in positivo, a eccezione di quelle asiatiche che comunque hanno tenuto il colpo con ribassi tra lo 0,1 e lo 0,2%. E oggi la Federal Reserve deciderà se proseguire con la riduzione degli acquisti di asset iniziata a sorpresa il mese scorso.
Il governatore Raghuram Rajan ha spiegato che «solo abbassando l’inflazione a un livello stabile e basso la politica monetaria può contribuire a rilanciare consumi e investimenti in modo sostenibile». Grazie al rialzo dei tassi, ieri la rupia ha guadagnato lo 0,9% a 62,515 per dollaro, ma in un anno ha perso il 14%. Ieri ha agito anche la Banca centrale turca. In realtà l’annuncio è stato dato a mezzanotte ora italiana, dopo la chiusura di questo giornale, ma nel corso della giornata il governatore Erdem Basci ha detto di voler restringere significativamente la politica monetaria per bloccare la svalutazione della valuta locale. I tassi sono stati quindi alzati, anche se rimaneva il dubbio di quanto. Gli analisti di Tera Brokers si aspettavano un rialzo di almeno 2,5 punti percentuali del corridoio dei tassi di interesse, fino a ieri pari a 3,5-7,75%. Gli esperti temevano che un incremento inferiore a 2 punti percentuali nella parte alta del corridoio potrebbe non essere sufficiente a stabilizzare la valuta locale. Riusciranno le banche centrali dei Paesi emergenti a frenare la caduta delle rispettive monete e la fuga di capitali? Qualche scetticismo nasce guardando alla Banca centrale dell’Indonesia, che nel 2013 ha sorpreso il mercato con un rialzo dei tassi di 175 punti base. La politica aggressiva non è bastata a invertire il flusso di capitali, ma è almeno riuscita a evitare danni più gravi. (riproduzione riservata)