di Roberta Castellarin
Nel 2014 non mancheranno le novità sul fronte delle pensioni. Con la legge di Stabilità ancora una volta il cantiere è stato riaperto. Dopo i due anni di blocco previsto dalla riforma Monti Fornero torna l’adeguamento al 100% del costo della vita delle pensioni superiori a 1.486 euro lordi (tre volte il minimo), la rivalutazione è al 95% per quelle tra tre e quattro volte il minimo, del 75% per quelle tra quattro e cinque volte il minimo e del 50% fino a sei volte il minimo.
Non si tratta comunque di ricchi aumenti perché la rivalutazione piena sarà dell’1,2%. Non solo. Torna anche il contributo di solidarietà per gli assegni oltre 90 mila euro che la scorsa estate la Corte Costituzionale aveva cancellato. Il contributo sarà del 6-12% sugli importi superiori a 6.936 euro lordi al mese (90.168 euro l’anno).
Ma le maggiori novità del 2014 riguardano le donne. Dal 1°gennaio infatti il requisito di vecchiaia per le lavoratrici dipendenti e autonome salirà rispettivamente di un anno e mezzo e un anno, fino a raggiungere dopo altre due revisioni (2016 e 2018) il requisito base di 66 anni. Il prossimo adeguamento periodico dei requisiti all’allungamento della speranza di vita avverrà invece nel 2016 e nel 2019, su base triennale, e poi ogni biennio dal 2021. Bisogna quindi rifare i conti per capire chi può andare in pensione e con quale assegno. La società di consulenza indipendente Progetica ha simulato quello che accadrà alle varie tipologie di lavoratrici in base all’età e alla data di inizio della carriera. In modo da individuare quando e con quale assegno potranno andare in pensione. Naturalmente si tratta di stime che scontano un intervallo di oscillazione perché l’attuale sistema previdenziale non consente di sapere con certezza quando e con quanto si andrà in pensione. L’assegno e la data dell’addio al lavoro dipendono dalla carriera, dall’evoluzione del pil italiano e dall’allungamento della speranza di vita. Non stupisce quindi che per chi oggi ha 20 anni la forchetta sia ampia ed è per questo che per queste lavoratrici sarà particolarmente importante monitorare nel tempo come evolverà la carriera e pianificare da subito un’integrazione pensionistica. Ma anche per le 30enni e le 40enni le forchette sono ancora piuttosto ampie sia sul quando che sul quanto. C’è quindi la necessità di analizzare la propria storia contributiva e avere consapevolezza su come potrà evolversi, anche perché la data di pensionamento potrà dipendere dal superamento o meno delle soglie di 1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale. Rischia meno sorprese chi ha 50 o 60 anni perché in questo caso la forchetta è meno ampia. «In questo caso gli assegni sono un po’ più alti che per le successive generazioni, soprattutto per chi ha una forte componente retributiva nei sistemi misto e contributivo pro-quota», dice Andrea Carbone di Progetica. Infine per tutte le generazioni la minore aliquota contributiva delle lavoratrici autonome impone a queste ultime di affrontare il tema previdenziale, in quanto i tassi di sostituzione sono decisamente più bassi rispetto a quelli delle lavoratrici dipendenti. Ci sono comunque tutte le premesse per valutare con attenzione forme di risparmio che possano affiancare il welfare pubblico.
E per decidere su quale strumento puntare è utile vedere come si sono comportati dal punto di vista della performance i fondi pensione negli 11 mesi del 2013. Quest’anno le borse mondiali hanno dato grandi soddisfazioni agli investitori. Non stupisce quindi che le migliori linee dei fondi pensioni negoziali e aperti siano quelli a maggiore componente azionaria. Per esempio, nei negoziali la linea azionaria del fondo Mediaset si è apprezzata da gennaio a fine novembre del 16,5%. Mentre nei fondi aperti guida la classifica Bim Vita Equity, che da inizio anno ha registrato un apprezzamento del 23%. Seguono in classifica Arca Previdenza Linea Alta Crescita con una performance del 21% e Hdi Azione di Previdenza Linea Dinamica e CreditRas Unicredit Linea Dinamica con un +19%. È stato invece un anno difficile per le linee obbligazionarie, che hanno dovuto fare i conti con un graduale rialzo dei rendimenti dei titoli americani, un primo segnale di un inversione nel reddito fisso dopo un rally durato quasi 30 anni.
Per il 2014 lo scenario si presenta simile con le investment bank, positive verso l’equity. Ma, vista la resistenza dei risparmiatori italiani ad abbandonare i bond per passare alle azioni, è probabile che anche nel settore della previdenza integrativa prendano sempre più piede i fondi bilanciati o flessibili che lasciano al gestore carta bianca nell’asset allocation. (riproduzione riservata)