di Roberta Castellarin
Il risparmiatore italiano torna sotto i riflettori. Quei 3 mila miliardi di euro di ricchezza delle famiglie italiane censiti ogni anno da Banca d’Italia fanno sicuramente gola sia al sistema bancario sia allo Stato, a caccia di denaro per tenere in piedi i conti pubblici. Così, superata la fase più difficile della crisi finanziaria, quando tutti gli sforzi erano volti a sostenere sia i Btp sia la raccolta diretta delle banche, nel 2013 i fondi hanno ritrovato lustro.
Se nella fase più acuta della crisi solo le reti di promotori e le private bank continuavano a collocare prodotti del risparmio gestito, oggi anche gli sportelli li propongono. E finalmente l’industria italiana del risparmio gestito può tornare a sorridere. A dirlo sono i numeri. In base alle statistiche di Assogestioni, a novembre il settore ha registrato una raccolta netta di 4,8 miliardi. I flussi negli 11 mesi dell’anno sono saliti oltre quota 65,5 miliardi e il 2013 sarà il miglior anno dal 1999 (quando i fondi raccolsero più di 88 miliardi). Un risultato che ha permesso di recuperare i deflussi del 2011 (-11,8 miliardi) e del 2012 (-40,8).
Oltre alla raccolta l’industria ha anche potuto contare sul buon andamento dei mercati che si è tradotto in una performance positiva degli asset. La combinazione dei due fattori ha fatto lievitare il patrimonio gestito dall’industria italiana dell’asset management al valore mai raggiunto prima di 1.333 miliardi.
In questo dato rientrano tutti i prodotti dell’industria, quindi anche le gestioni patrimoniali e assicurative. Anche queste ultime stanno vivendo una fase vitale. In particolare, le polizze di ramo I (le tradizionali polizze Vita legate alle gestioni separate) stanno registrando il ritorno d’interesse dei risparmiatori anche perché sono tra i pochi strumenti (assieme ai fondi pensione e ai fondi sanitari) rimasti esenti dall’imposta di bollo, ovvero la mini-patrimoniale introdotta lo scorso anno che oggi ha un’aliquota dello 0,15% ed è destinata a essere rincarata allo 0,2% dalla legge di Stabilità 2014. Questo trend trova conferma nei dati Ania che registrano una crescita nella nuova produzione del ramo Vita del 31% nei 10 mesi del 2013 rispetto allo stesso periodo 2012. In particolare, da inizio anno i nuovi premi emessi hanno raggiunto i 52,2 miliardi. Segnali positivi arrivano anche dalla rilevazione trimestrale Ania «Flussi e riserve Vita» che stima a fine settembre 2013 una raccolta netta (differenza tra entrate e uscite) positiva e pari a 12,5 miliardi, in forte miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2012, quando era negativa per 4,3 miliardi. Dal punto di vista di fondi e sicav la raccolta netta da inizio anno è stata di quasi 46 miliardi, che hanno permesso al patrimonio delle gestioni collettive di raggiungere quota 556 miliardi.
Dal punto di vista dellle scelte d’acquisto il prodotto del 2013 è rappresentato dai fondi flessibili, segno che i sottoscrittori dei fondi in questa fase di incertezza preferiscono dare carta bianca al gestore. I flessibili in novembre hanno registrato flussi netti per 2,8 miliardi, in aumento dagli 1,7 di ottobre, con un bilancio positivo da gennaio per 26,6 miliardi. Nonostante il rally delle borse, che ha sicuramente solleticato l’appetito dei risparmiatori, i fondi azionari fanno invece fatica a prendere piede nei portafogli degli ex Bot People e così la raccolta da inizio anno per questa categoria si è fermata a 4 miliardi. E il patrimonio dei prodotti equity rappresenta ancora solo il 20% del totale degli attivi gestiti, contro il 50% dei prodotti obbligazionari. Bisogna però ricordare che questa fotografia rispecchia in realtà una situazione in linea con quella del resto d’Europa. Nel 2013 infatti solo il 30% della raccolta fondi del Vecchio Continente è stata destinata a prodotti equity, segno che la diffidenza verso le borse non è solo una caratteristica italiana.
Dal punto di vista dei protagonisti dell’industria, resta forte la presenza dei gestori esteri, ma il 2013 è stato contrassegnato da una rimonta dei player tricolore. Non a caso tra i primi nomi per raccolta a novembre ci sono società italiane del calibro del gruppo Intesa Sanpaolo (1,5 miliardi) e Am Holding (1 miliardo). Ma anche Pioneer Investment del gruppoUnicredit ha registrato un flusso positivo per 308 miliardi. Un dato simile a quello messo a segno dal Banco Popolare, che ha una raccolta netta a novembre di 335 milioni di euro. Questo cambio di tendenza non ha però comportato un cambiamento radicale nella tipologia dei fondi proposti, perché molte società di gestione italiane continuano a promuovere sicav. E così i comparti di diritto estero sono sempre in testa con 390 miliardi in gestione, il 70% degli asset complessivi.
Il forte recupero del risparmio gestito porta con sé un’altra rivoluzione che è in corso in Italia. Le banche alle prese con il taglio dei costi pensano sempre di più a cambiare il ruolo di una parte dei dipendenti. Molti istituti stanno individuando tra i dipendenti i consulenti di personal banking di area commerciale da formare e far iscrivere all’Albo dei promotori finanziari. I dati dell’Albo dei pf confermano questo fenomeno. D’altra parte l’allungamento degli orari di sportello, con aperture anche serali e al sabato, rendono l’attività del bancario sempre più simile a quella del promotore e ciò ha fatto sì che nell’ultimo anno molti bancari abbiano deciso di giocare d’anticipo lasciando l’istituto per approdare direttamente alle reti. Quest’anno sono aumentati del 90% gli iscritti all’Albo dei promotori finanziari anche grazie all’afflusso di dipendenti bancari: erano 1.223 nei primi mesi del 2012, mentre quest’anno sono già 2.323. Certo quella del consulente finanziario è una professione che richiederà sempre più competenze perché si allarga il raggio d’azione. Con uno Stato che aumenta le imposte e riduce i servizi chi offre consulenza deve aiutare anche a ottimizzare la situazione finanziaria e a pensare a un welfare di scorta.
Dal punto di vista delle imposte, poi, non si può mai stare traquilli; la mini-patrimoniale introdotta nel pieno della bufera sui titoli di Stato continua a cambiare perimetro e soprattutto viene ritoccata all’insù in occasione di ogni manovra finanziaria. Come ricordato, a partire dal 2014 l’imposta di bollo sul dossier titoli passerà infatti dall’1,5 al 2 per mille. Per fortuna sempre dal 2014 verrà abolito il prelievo minimo di 34,20 euro che finiva per penalizzare i piccoli risparmiatori. È stata elevata al 2 per mille anche l’Ivafe, l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone non fisiche residenti nel territorio dello Stato. Ma resta invece una differenza di trattamento tra chi ha deciso di investire direttamente in azioni o titoli di Stato o fondi e chi invece tiene i soldi sul conto corrente. Di fatto i primi sono penalizzati rispetto ai secondi. Il che potrebbe alla lunga influenzare le scelte di allocazione dei risparmi degli investitori italiani, già poco propensi a rischiare investendo in azioni. Questo è uno dei punti su cui il legislatore dovrà riflettere. Mentre dal punto di vista di quale 2014 attende l’industria del risparmio gestito, molto dipenderà ancora una volta dalle scelte dei grandi gruppi bancari, che si troveranno alle prese con gli stress test. Bisognerà vedere se la scelta di puntare sul collocamento dei fondi verrà rinnovata o se interverrà la necessità di collocare altri tipi di prodotti. (riproduzione riservata)