Luigi Dell’Olio
Le ultime sessioni d’esame per l’ammissione all’albo dei promotori finanziari hanno fatto registrare tassi in forte crescita. Quanto basta per sostenere che la professione non ha perso appeal dopo la lunga crisi economico- finanziaria che ha creato più di qualche crepa nel rapporto di fiducia tra risparmiatori e mondo della distribuzione. Di sicuro c’è che questo mestiere è molto diverso da quello esercitato fino a pochi anni fa: è cambiato il fronte dell’offerta, con numerosi istituti di credito che spingono molti loro dipendenti verso questa attività, così come l’offerta, conseguenza della domanda crescente di consulenza da parte degli investitori, alle prese con mercati molto più complessi che in passato anche sui fronti che un tempo erano percepiti come risk free. Il primo versante è anche quello più recente. Pressate dalla prolungata crisi che ha compresso i margini e imposto un dimagrimento degli organici, molte banche stanno spingendo verso la conversione di parte del personale in filiale verso il mondo della promozione finanziaria. Una mossa che ha dietro di sé sicuramente il desiderio di risparmiare sul fronte dei costi fissi: non necessariamente gli istituti chiedono di rinunciare al contratto di assunzione, ma basta già il venire meno della presenza in filiale a far risparmiare parecchio denaro. Tuttavia non è solo la congiuntura a spingere in questa direzione. Il boom dei dispostivi tecnologici — in particolare
di quelli mobili, che hanno fatto recuperare all’Italia il ritardo accumulato in passato rispetto ad altri Paesi europei — ha ridotto in maniera significativa le visite dei risparmiatori allo sportello. Di conseguenza, occorre andare a conquistare i clienti presso il loro domicilio o studio professionale. Anche perché la domanda di consulenza professionale continua a crescere e trova una sponda nelle normative europee. Con l’introduzione della Direttiva Mifid, infatti, la consulenza in materia di investimenti è passata da servizio accessorio a servizio di investimento principale. Un’innovazione imposta per aumentare la trasparenza a vantaggio dei risparmiatori, che i travagli recenti del mercato hanno reso imprescindibile. Le normative comunitarie hanno imposto la necessità di un aggiornamento continuo per i professionisti, chiamati a erogare una consulenza strumentale alle diverse esigenze e ai diversi obiettivi del cliente, proponendo quella che in gergo tecnico viene definita come “architettura aperta”, a indicare la necessità di andare al di là del semplice collocamento di prodotti della casa. A cambiare le caratteristiche della professioni contribuisce, inoltre, l’uso diffuso di piattaforme informatiche, che consentono di migliorare la pianificazione finanziaria e previdenziale, anche alla luce della copertura calante in quest’ultimo settore da parte della mano pubblica. Oggi i promotori finanziari iscritti all’apposito albo sono 52.971, ma la platea si restringe a 33.688 unità se si considerano quelli effettivamente in attività. Nei primi dieci mesi dell’anno i nuovi iscritti sono stati 2.323, il 93% in più rispetto allo stesso periodo del 2012. Il bacino di utenza nel quale operano è costituito da circa quattro milioni di clienti corrispondenti al 7-8% circa della ricchezza posseduta dalle famiglie italiane e il 32,4% del patrimonio totale investito in fondi, quota pari a 172,6 milioni di euro. Un’incidenza che tende a crescere negli ultimi tempi perché i promotori stanno conquistando sempre più la fascia media dei risparmiatori. Infatti, ci si è resi conto che non è sufficiente aumentare il parco clienti, ma occorre segmentarlo per offrire servizi adeguati ai diversi target, e per questa strada puntare a salvaguardare i margini. Dal punto di vista normativo, il promotore finanziario è l’unico operatore autorizzato a offrire prodotti e servizi finanziari al di fuori della sede dell’intermediario per il quale opera ed è anche l’unico operatore che può erogare il servizio di collocamento e quello di consulenza ai risparmiatori. Per poter esercitare la professione in Italia è richiesta l’iscrizione all’Albo unico dei promotori finanziari (Apf), che richiede tre condizioni: essere in possesso dei requisiti di onorabilità prescritti da un apposito decreto ministeriale e non trovarsi in una delle situazioni impeditive di cui al regolamento medesimo; essere muniti di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore, rilasciato a seguito di corso di durata quinquennale (ovvero quadriennale, integrato dal corso annuale previsto per legge, o un titolo di studio estero equipollente); infine aver superato la prova valutativa ovvero essere in possesso dei requisiti professionali prescritti dalla circolare esplicativa per l’accesso automatico. Regole che potrebbero essere riviste nei prossimi mesi, con l’adozione della Mifid II, attesa per l’inizio del 2014. In sede comunitaria si scontrano diversi orientamenti, frutto dell’esperienza maturata in vari Paesi, anche se alla fine sarà inevitabile trovare un punto di compromesso che salvaguardi le specificità locali, senza rinunciare a un ulteriore innalzamento delle tutele per i risparmiatori. Per poter esercitare la professione in Italia è richiesta l’iscrizione all’Albo unico dei promotori finanziari (Apf), che richiede tre condizioni tra le quali essere in possesso dei requisiti di onorabilità Le regole che potrebbero essere riviste nei prossimi mesi, con l’adozione della Mifid II, attesa per l’inizio del 2014. In sede comunitaria si scontrano diversi orientamenti 4 MILIONI DI UTENTI Il bacino di utenza nel quale operano i promotori finanziari è costituito da circa quattro milioni di clienti corrispondenti al 78% circa della ricchezza