Ci sono stati giorni in cui parlare della prossima assemblea di Telecom Italia del 20 dicembre equivaleva a parlare di Assogestioni. Il tema era finito sui giornali per il presunto conflitto di interesse del numero uno Domenico Siniscalco (che ha dato le dimissioni) e faceva da sfondo agli scenari possibili.
La vicenda ha acceso un faro sul ruolo dei fondi all’interno delle società quotate. Con tanto di dibattito, perché l’assemblea del 20 di Telecom è stata convocata da un azionista (la Findim di Marco Fossati, che detiene il 5%) con all’ordine del giorno la revoca del consiglio d’amministrazione. Questo ha portato a fantasticare su una serie di scenari possibili, visto che Telco, la holding principale azionista, controllata da Telefonica, Generali,Mediobanca e Intesa Sanpaolo, possiede solo il 22,4% di Telecom. Come deve comportarsi Assogestioni? Dovrebbe schierarsi? E se sì, con chi? Un dibattito che ha posto al centro dell’attenzione il ruolo che i fondi hanno all’interno delle società e che paradossalmente può essere determinante anche in caso di assenza degli investitori istituzionali in assemblea (perché a volte il mancato raggiungimento di un quorum determina dei cambiamenti). Nel luglio 2012, ad esempio, il cda di Impregilofu revocato in assemblea per una manciata di voti, classico caso in cui la presenza o meno di un fondo può fare la differenza.
Secondo i dati Assogestioni, al 30 settembre 2013 gli asset investiti in fondi azionari, da parte di sgr sia italiane sia straniere ammontano a circa 4,5 miliardi, anche se la parte relativa all’equity vero e proprio è un po’ inferiore (poco più di 4 miliardi) ma ben divisa tra fondi italiani ed esteri, con una lieve predominanza dei primi. Una mappa parziale di come sono distribuiti questi investimenti in Italia è stata fornita dal «Rapporto 2013 sulla corporate governance delle società quotate italiane» della Consob, presentato proprio a novembre. Dal documento risulta che il numero di società quotate in cui esiste almeno un investitore istituzionale è rimasto stabile nel periodo 2009-2013, con gli istituzionali esteri che investono preferibilmente nel sul Ftse Mib e sul Mid Cap, con una preferenza (a livello di settori) per le aziende legate ai servizi e alla finanza. Anche la presenza di questa tipologia di investitori nel capitale è rimasta stabile (mentre è aumentata quella di private equity e venture capital). Per quanto riguarda invece la presenza in assemblea, gli investitori istituzionali mostrano un ruolo crescente (la quota media detenuta da questi in assemblea nel 2013 è passata dal 6,1% al 7,2%), specialmente se sono stranieri e investono in società finanziarie e di servizi di grande e media dimensione. Stando ai dati, la gran parte delle assemblee rimane saldamente nelle mani degli azionisti di controllo e probabilmente per questo più del 5% dei votanti si è espresso contro la politica di remunerazione, con il dissenso dovuto principalmente proprio al voto degli istituzionali (3,6%). Insomma, per ora il ruolo più critico da parte dei fondi è stato esercitato sui compensi degli amministratori, non sulla gestione. Per dirla con le parole di Andrea Beltratti, presidente di Eurizon Capital, «non si punta mai a gestire le società e anche nel caso di Telecom sarà così». Quindi: no alle posizioni «contro», ma grande attività. Finora nel 2013 il Comitato dei gestori ha portato alla presentazione di liste per l’elezione di organi amministrativi in sette assemblee e a liste per l’elezione di organi di controllo in nove assemblee, nelle quali spesso i nominativi indicati hanno riscosso un ampio consenso.
Parlare del Comitato non è casuale perché si tratta dell’organismo composto dai rappresentanti delle sgr associate ad Assogestioni (ma anche da altri investitori istituzionali che abbiano manifestato interesse) che cura la presentazione di candidati per l’elezione di rappresentanti di minoranza negli organi sociali delle società quotate italiane. Un organo indipendente all’interno di Assogestioni che quindi dovrebbe eliminare alla radice il problema del presunto conflitto di interessi. Problema che la vicenda Telecom ha però fatto deflagrare e che sembra non accennare ad arrestarsi, vista la posizione che i piccoli azionisti del gruppo telefonico riuniti nell’Asati hanno espresso con una nota ufficiale. Nel comunicato sottolineano che Eurizon (di cui Beltratti è presidente) è un fondo gestito dalla sgr di Intesa San Paolo, uno degli azionisti significativi di Telco, e spiegano che vigileranno in assemblea perché «i voti presenti o assenti potrebbero significativamente condizionare l’esito delle votazioni» sui temi all’ordine del giorno, tra cui il convertendo da 1,3 miliardi. Nel frattempo venerdì 29 il titolo Telecom Italiaha chiuso in rialzo del 4,5%. E’ circolata anche la voce secondo cui un campione di fondi esteri (circa lo 0,5% del capitale) sarebbe in gran parte favorevole alla conferma dell’attuale cda. (riproduzione riservata)