C’è un timing quantomeno curioso nella decisione di Standard & Poor’s di mettere in creditwatch negativo il rating di Generali (A-), perché italiana e perché esposta in maniera rilevante ai Btp, per una settantina di miliardi, tanto da rischiare di non meritare un giudizio migliore del Paese (tripla B). L’annuncio della società di rating è arrivato a poco più di dieci giorni dalla firma dell’accordo europeo sulle nuove regole di capitale di Solvency II che entreranno in vigore a gennaio 2016. Un accordo arrivato sul filo di lana, quando i rischi che la normativa europea potesse definitivamente saltare, dopo lunghi anni di lavoro, si erano fatti più che concreti. Invece a prevalere è stata la mediazione e alla fine ogni Paese ha avuto qualche soddisfazione. La Germania, per esempio, alle prese con rendimenti garantiti elevati sulle sue polizze Vita e tassi d’interesse bassi, ha incassato la sterilizzazione delle nuove regole per i vecchi contratti Vita addirittura per i prossimi 16 anni. In Italia la vittoria ha riguardato proprio i rischi legati a nuovi allarmi Btp, grazie al meccanismo del volatility balancer introdotto per evitare effetti prociclici. Il meccanismo correttivo (che potrà essere applicato con un’aliquota del 65%) ha ricevuto il plauso dell’intero sistema assicurativo italiano che è stato rassicurato sul fatto che anche in caso di nuove tensioni sui titoli di Stato non ci sarà bisogno di pesanti ricapitalizzazioni. Tanto che, secondo qualche calcolo, se le nuove regole di Solvency II fossero state operative nell’estate 2011, quando lo spread era ai massimi, neppure allora ci sarebbe stato bisogno di ricapitalizzare, almeno per la gran parte delle compagnie. Insomma: se proprio S&P doveva mettere nel mirino Generali non sarebbe stato meglio farlo prima? (riproduzione riservata)
Anna Messia