La generica proposta del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, poi ritirata dal diretto interessato, di introdurre nuove limitazioni all’uso del contante, evidentemente abbassando ulteriormente il tetto di 1.000 euro, ha suscitato un vespaio di polemiche. Addirittura in qualche caso, a opera di parlamentari del Pdl, si è arrivati a chiedere le dimissioni del ministro, una evidente sproporzione tra l’iniziativa proposta e le conseguenze che se ne vogliono fare scaturire, che evidenzia una più generale insofferenza nei confronti del guardiano dei conti per essere un personaggio rigoroso, con una riconosciuta credibilità interna e internazionale e un non affatto comune curriculum. Certo, qualche errore Saccomanni lo ha commesso, a cominciare dalla mancata apertura alla partecipazione alla stesura della legge di stabilità del viceministro, Stefano Fassina, poi recuperata, o quando su alcune misure ha mostrato ritardi e qualche contraddizione. Ma tutto ciò si può attribuire al primo avvio di un’esperienza politica di alto livello.
Quanto all’uso del contante, in questi ultimi tempi si sono registrate anche altre proposte per la verità abbastanza strambe, come quella della tassazione di tale uso per stimolare così l’impiego dei nuovi mezzi di pagamento e contrastare i fenomeni di evasione e di riciclaggio. Tuttavia verrebbe così meno la fondamentale funzione di emissione e di circolazione delle banconote; si pretenderebbe in tal modo di sviluppare un’azione di contrasto aggredendo questi fenomeni dalla coda; si limiterebbe la libertà delle persone nelle transazioni anziché esplicare i doverosi controlli su queste attività prescindendo dall’introduzione dell’ennesima imposta; non si terrebbe conto di una serie di possibili controeffetti; si combatterebbe, vietandone l’uso, il mezzo per l’eventuale commissione di un reato e non quest’ultimo. Il rapporto costi/benefici sarebbe del tutto squilibrato a favore della pesantezza dei costi e della proibizione. La via da seguire non sta nell’imposizione di oneri finanziari per l’uso del contante, ma nella limitazione di tale impiego e nella sottoposizione, se si superano tali limiti, a forme alternative di trasferimento delle somme. Ma la limitazione deve essere ben dosata, tenendo conto dell’evoluzione della conoscenza e della pratica del sistema dei pagamenti, dell’educazione finanziaria, delle fasce di reddito presenti nella popolazione, della stessa normativa in materia, adottata prevalentemente in molti altri Paesi, nella maggior parte dei quali oggi sono in vigore limiti ben superiori a 1.000 euro. Del resto, la conoscenza che il fisco può avere di tutti i rapporti bancari in base alle norme recentemente introdotte costituisce un punto di forza – da utilizzare, naturalmente, con equilibrio – nella lotta contro le evasioni, le elusioni ed eventualmente gli stessi fenomeni di riciclaggio. Non credo che oggi esista una esigenza di abbassamento del tetto dei 1.000 euro; piuttosto, si potrebbero progettare, in aggiunta a quelle non secondarie esistenti, misure nuove contro l’evasione fiscale, come la previsione del contrasto di interesse nelle transazioni che farebbe emergere sicuramente una parte del nero che oggi, complessivamente considerato, supera il 20% del pil. Se si risale alla prima introduzione di limitazioni della specie, nel 1991, si ricorderà che, allora, il tetto fu fissato a 20 milioni di lire; poi la limitazione ha subìto alterni andamenti fino al livello ora vigente. Nel contempo, sin da quell’anno, si operò la scelta di fare leva sull’identificazione e registrazione delle operazioni allo sportello superiori al tetto e, soprattutto, sulla segnalazione, da parte degli addetti, delle operazioni cosiddette anomale. Questo impianto è tuttora in vigore ed è sulle operazioni sospette che occorre continuare a fare leva. È, poi, allo studio l’introduzione del reato di autoriciclaggio, presente in altri Paesi e ancora mancante in Italia. Si vedrà come verrà configurato da un’apposita commissione ministeriale di studio.
Intanto, un chiarimento si impone sul rientro dei capitali irregolarmente o illecitamente esportati. Soprattutto si attende di capire come un rientro fondato sull’anonimato – un quarto condono, se di ciò si tratterà – si raccordi con la lotta all’evasione, con il descritto intento di abbassare il tetto nell’utilizzo del contante, nonché con l’introduzione della predetta nuova forma di reato: da un lato lassismo, da un altro rigore, in qualche caso anche eccessivo. A meno che la parte del rigore non serva a fare ingurgitare la parte del lassismo. C’è curiosità, in ogni caso, di vedere come sulle proposte in questione si pronunceranno alcuni Torquemada. Il momento attraversato non è facile anche se si profila, per quest’ultimo trimestre, una crescita modesta, mentre l’incertezza resta elevata, si assiste al rafforzamento dell’euro, si acuiscono i problemi del lavoro e si intravedono primi segnali di rischi di deflazione. È opportuno concentrarsi anche sulle possibili entrate straordinarie, a condizione che ciò avvenga, però, nell’assoluta trasparenza e coerenza. E la diminuzione del tetto al contante non può essere un tema centrale. (riproduzione riservata)