di Luisa Leone
Il primo passo verso la rivalutazione delle quote della Banca d’Italia è fatto. Ora è ufficiale che il capitale dell’istituto centrale vale tra i 5 e i 7 miliardi di euro. Lo ha stabilito il comitato di esperti nominato alla bisogna e che ha da poco consegnato il suo verdetto. Lo ha confermato ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, durante l’audizione sulla legge di Stabilità tenuta al Senato: «Abbiamo ricevuto il documento preparatorio dalla Banca d’Italia che copre strettamente il tema della valutazione complessiva del valore delle quote di capitale.
Quest’importo è stato identificato in un range da 5 a 7 miliardi». Una buona notizia anche per il governo, visto il gettito fiscale che potrebbe essere generato da questa rivalutazione, Le cifre non si conoscono, anche se rumors parlano di una forbice tra 800 milioni di euro e 1,1 miliardi. Ma per saperne di più bisognerà aspettare almeno fino al prossimo anno (con tanti saluti a chi sperava di coprire con quest’operazione il costo fiscale dell’annullamento della seconda rata Imu). Prima andrà emanato il decreto di modifica dello statuto della banca centrale, con l’indicazione del nuovo valore del capitale (oggi è di 156 mila euro). Poi, con un altro provvedimento, sarà stabilito un tetto alle quote che ogni singolo istituto di credito potrà detenere, che saranno più basse di quelle massime di oggi (in testa c’è Intesa con il 42,4%), allargando così la platea degli azionisti. Infine «Bisognerà fare una normativa di carattere fiscale che dipenderà da come verranno rese mobilizzabili le quote. Queste devono diventare una sorta di titolo finanziario liberamente scambiabile tra le banche», ha aggiunto Saccomanni. In fatto di tassazione bisogna ricordare che solo pochi giorni fa il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, ha chiesto al governo di applicare alla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia la stessa aliquota prevista nella Stabilità per la rivalutazioni delle partecipazioni delle imprese, ovvero il 16%. Gli analisti comunque già ieri stimavano i possibili effetti positivi sugli istituti di credito della mossa decisa dell’esecutivo. Per Intermonte, nel caso l’operazione andasse in porto, Intesa Sanpaolo, principale azionista di Via Nazionale con il 42,4%, sarebbe la maggiore beneficiaria con un incremento stimato del Core Tier1 ratio di circa 120 punti base, mentre per Unicredit, a cui fa capo il 22,1%, il miglioramento si attesterebbe intorno a 50 punti base. Per Banca Carige, stimano altri analisti, i 282 milioni di nuova valorizzazione del suo 4,03% di Bankitalia darebbero 117 punti base in più portando il Core Tier 1 al 7,40%. Per ottenere i risultati sperati, però, tutta l’operazione dovrà passare il vaglio della Commissione Europea, che non dovrà considerarla un aiuto di Stato mascherato, ma per poter computare il maggior valore delle quote nei parametri rilevanti per Basilea 3, servirà anche il via libera della Bce. A scanso d’equivoci sulla questione è già intervenuto il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti, sottolineando che l’operazione «non è un finanziamento alle banche e alle assicurazioni, che quando sono entrate nel patrimonio di Bankitalia hanno messo 300 milioni di allora, ma è un restituire alle banche quanto investito allora, rivalutato e attualizzato». (riproduzione riservata)