In tempi di tassi bassi ancora per molto tempo, almeno fino al 2015 secondo Bill Gross, guru di Pimco, è partita la caccia alle alternative che possano dare una marcia in più al portafoglio. I porti sicuri infatti non danno rendimento. La fase attuale è dominata dalla repressione finanziaria messa in atto dai governi e dalle banche centrali per aiutare le economie a ridurre l’indebitamento, costringendo pertanto i risparmiatori a pagare il conto.
Una medicina che necessita dei suoi tempi per avere effetto, ecco perché Gross crede che questa fase non sia destinata a finire presto. «Nella financial repression le politiche monetarie che tengono i tassi ai minimi spingono gli investitori a prendere più rischi perché le attività a breve non rendono più nulla», spiega Mauro Vittorangeli, responsabile mercati obbligazionari governativi area euro di Allianz Global Investors. Ma se esporsi ad attività meno sicure diventa un obbligo, è necessario farlo in modo controllato perché la financial repressione porta con sé anche dei rischi. «Più si conoscono i rischi specifici che si assumono», avverte Vittorangeli. «Meglio si riesce a sfruttare il loro potenziale al rialzo e mitigare i possibili ribassi». E dal Risk monitor, l’indagine condotta per la prima volta su scala mondiale da Allianz Global Investors, risulta che «gli investitori hanno ben presenti i rischi connessi alla politica monetaria accomodante e gli effetti potenzialmente negativi che l’inizio del ciclo restrittivo potrebbe avere sui loro portafogli», afferma James Dilworth, amministratore delegato di Allianz Global Investors. Nel complesso l’indagine rivela che molti investitori a caccia di rendimento abbiano sviluppato una maggiore propensione al rischio. Il 60% degli intervistati infatti ritiene che il rischio azionario sarà quello maggiormente remunerativo nei prossimi tre anni, mentre il rischio di credito è stato citato solo dal 32%. Inoltre, più del 90% dei partecipanti all’indagine prevede risultati positivi dai titoli azionari globali, con un rendimento medio annuo atteso pari al 6%. Di qui l’interesse per le azioni ad alto dividendo. È necessario ricreare la redditività corrente in altre forme e in questo senso i dividendi delle azioni sostituiscono le cedole dei bond. «Quel che è certo, in sostanza, è che oggi in un mondo di tassi bassi e bassa crescita è rischioso non investire in asset rischiosi perché il denaro impiegato in attività sicure è quello più esposto alla repressione finanziaria», sottolinea Vittorangeli. Che però sottolinea anche la necessità, in questa fase, di gestire i cosiddetti tail risk, ovvero gli eventi imprevisti, come si è visto nella crisi del Btp nel 2011 con gli spread che si muovevano in modo incontrollato. «In un mondo dove i tassi sono molto bassi anche piccoli errori possono costare caro perché una variazione minima dei rendimenti ha un impatto elevato sulla performance finale», dice Vittorangeli, «in questo mondo entrano in gioco i derivati che possono essere usati, in modo sicuramente meno sofisticato del passato, a copertura dei rischi».