Avranno bisogno di una scorta, ma per ora alla previdenza complementare i giovani non aderiscono. A dirlo sono i numeri. Secondo i dati contenuti nell’ultima Relazione della Covip, soltanto il 18% dei lavoratori con meno di 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare. Il tasso di partecipazione sale al 24,7% per i lavoratori di età compresa tra 35 e 44 anni e al 30,2% per quelli tra 45 e 64 anni.
Il dato, comprensibile in considerazione della elevata disoccupazione e precarietà, risulta comunque allarmante, considerato che la platea giovanile rientra nel metodo di calcolo contributivo. I vuoti contributivi dovuti alla precarietà, il forte rallentamento dell’economia, le retribuzioni mediamente più basse rispetto alle generazioni precedenti rischiano di produrre nel tempo livelli di copertura del sistema obbligatorio particolarmente ridotti. Sarebbe quindi necessario ancor più per i giovani accedere a strumenti di integrazione pensionistica. È interessante in primo luogo cosa pensino i giovani della pensione. La logica prevalente è riassumibile in una formulazione antica: ci penserò domani. Infatti, secondo un recente sondaggio Covip-Censis, il 47,4% dei lavoratori con età fino a 34 anni non aderente ai fondi pensione dichiara che è prematuro pensare alla pensione, il 32,6% la definisce troppo costosa e quindi di non potersela permettere. Una maggioranza di giovani lavoratori, pensando alla pensione attesa, percepisce la propria condizione come somma di fragilità che la crisi ha reso più intense. E tali fragilità sono legate anche alla certezza che non avranno una pensione adeguata, visto che il tasso di sostituzione atteso per i lavoratori di 18-34 anni è del 53,6% e circa il 30% si aspetta una pensione pubblica di valore inferiore al 50% del reddito. Solo il 17% dei lavoratori giovani pensa alla previdenza complementare come forma principale di integrazione della pensione pubblica, dato peraltro in linea con quello degli altri lavoratori. E così nell’ambito del tanto sbandierato patto generazionale un possibile ristoro che le generazioni precedenti potrebbero dare a quelle successive, per chi può economicamente, è quello di attivare un piano di previdenza integrativa sfruttando la possibilità fiscale prevista per l’adesione dei familiari fiscalmente a carico. I contributi versati ai fondi pensione sono infatti deducibili per un importo massimo annuo di 5.164,57 euro, compresi quelli versati per i soggetti a carico. La deducibilità spetta al soggetto nei confronti del quale queste persone sono a carico per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando il limite annuo complessivo dei 5.164,57 euro. Un incentivo importante tanto che l’Ania nell’ultima relazione annuale ha suggerito il rafforzamento dei benefici fiscali per i genitori che attivino il piano previdenziale per i figli e l’estensione delle agevolazioni fiscali anche a beneficio dei nonni. (riproduzione riservata)