di Andrea Di Biase 

Dalla presentazione del piano strategico di Mediobanca sono passati quasi tre mesi. Troppo pochi per capire se il percorso indicato dall’ad Alberto Nagel, e sul quale c’è stata le piena condivisione dei soci, possa portare i risultati attesi: ricavi dell’attività bancaria a 2,1 miliardi al giugno 2016, con una crescita media annua del 10%, costo del rischio stabile a 150 punti base, roe del 10-11%, Core Tier 1 ratio all’11-12% e pay-out del 40%.

 

Per raggiungere questi obiettivi Piazzetta Cuccia intende agire su tre leve: 1) ridurre sensibilmente l’esposizione al comparto azionario, attraverso la progressiva cessione di partecipazioni per circa 1,5 miliardi, tra cui il 3% delleGenerali, che a fine piano rimarrà l’unica partecipazione strategica attorno al 10%; 2) potenziare le attività nel corporate & investment banking, puntando sui mercati esteri da cui è atteso il 45% dei ricavi della divisione e ampliando la base clienti, guardando a segmenti non ancora adeguatamente coperti (imprese medio-grandi e investitori istituzionali); 3) focalizzarsi su attività a minore impiego di capitale, tra cui la nuova piattaforma di alternative asset management (Maam), il cui contributo atteso non è stato tuttavia incluso nei numeri del piano.

In sintesi Mediobanca, mettendo fine a quella che è stata la sua vocazione nell’ultimo cinquantennio, vuole essere sempre più banca e sempre meno holding, uscendo dai patti di sindacato e valorizzando al meglio le partecipazioni.

 

Su questo punto si sono concentrate le analisi dei media nazionali e internazionali, che hanno salutato con favore la fine di quello che una volta era definito il salotto buono e auspicando il concreto impegno di Nagel (cui il cda del 20 giugno ha conferito mandato per valorizzare al meglio l’intero portafoglio azionario) ad andare fino in fondo. L’attenzione degli analisti, che pure hanno condiviso la scelta di Piazzetta Cuccia di focalizzarsi sull’attività bancaria, si è soffermata invece sulla capacità della banca d’affari di portare a compimento questa rivoluzione raggiungendo allo stesso tempo gli obiettivi annunciati, da tutti giudicati «ambiziosi». Gli esperti di Nomura, in uno studio pubblicato il 9 settembre, pur sottolineando che la progressiva dismissione delle partecipazioni (Telco, Rcs, Pirelli, Gemina ecc.) renderà più chiara l’investment story (finora il business bancario di Piazzetta Cuccia non è stato sufficientemente apprezzato dalla borsa), ridurrà la volatilità dei risultati e dello stesso titolo, oltre a proteggere il capitale, hanno espresso qualche dubbio sulla capacità di Mediobanca di raggiungere gli obiettivi annunciati nel corporate & investment banking. Questo per due ragioni: il difficile quadro macroeconomico italiano (Nomura si attende un permanere della recessione anche nel 2014) e la difficoltà che Piazzetta Cuccia potrebbe incontrare nell’espansione sui mercati esteri, dove già operano affermate investment bank. Per questo Nomura ha abbassato le proprie stime di utile netto per il 2014 e il 2015 rispettivamente del 7 e del 6%, confermando il giudizio neutrale sul titolo, ma abbassando il target price da 6 a 5,8 euro (-0,6% a 4,95 euro nella seduta di venerdì 13 a Piazza Affari). Una riflessione condivisa dagli analisti di Banca Imi, che il 15 luglio, pur confermando la raccomandazione buy, hanno abbassato il target price sul titolo di Piazzetta Cuccia da 6,3 a 5,9 euro, proprio alla luce dell’incertezza sulle condizioni macro dell’economia italiana, che potrebbero impattare sui ricavi di Mediobanca. Non per niente Banca Imi si attende un tasso di crescita medio annuo dei ricavi di Piazzetta Cuccia del 5,2% contro il 10% indicato da Nagel nel piano. Cauti anche gli analisti di Ubs, giudizio neutral con prezzo obiettivo invariato a 5,2 euro, mentre quelli di Citi, in uno studio pubblicato nei giorni immediatamente successivi alla presentazione del piano, con il quale hanno avviato la copertura su Mediobanca con giudizio buy e prezzo obiettivo a 5,6 euro, sottolineavano l’opportunità rappresentata dall’investimento nella banca d’affari che «è un leader in Italia nell’investment banking e nel credito al consumo, ha una migliore efficienza, una migliore qualità degli asset, una minore esposizione al rischio sovrano dell’Italia, un business retail meno maturo e opportunità nel private banking e nell’asset management».

Scontato per tutti invece il rosso superiore ai 200 milioni con cui Mediobancadovrebbe chiudere l’esercizio al 30 giugno 2013, resta da capire se la banca distribuirà comunque una cedola (KeplerCheuvreux non si attende dividendi). Lo si saprà martedì 17, quando il cda approverà i risultati (riproduzione riservata)