Massimo Minella
U n principe sul trono di Carige, Cesare Castelbarco Albani, agente marittimo, già consigliere di Banca Leonardo, figura di raccordo fra Genova e Milano in campo finanziario, apprezzato in Mediobanca, da sempre solida alleata della Fondazione Carige, l’ente azionista di riferimento della banca con una quota del 47% del capitale e di Flavio Repetto, il suo presidente. Proprio la Fondazione ha appena emesso il suo verdetto nei giorni scorsi, indicando Castelbarco per la presidenza di Banca Carige, in sostituzione di Giovanni Berneschi, e Sandro Repetto, ex presidente della Provincia di Genova e parlamentare Pd, per la vicepresidenza al posto di Alessandro Scajola, fratello dell’ex ministro Claudio. La scelta dei nuovi vertici della banca non è stata certo una passeggiata per Flavio Repetto, che a 82 anni guida anche il colosso dolciario Elah-Dufour-Novi. L’imprenditore genovese con base operativa a Novi Ligure ha dovuto prima respingere la richiesta di rinvio della delibera sulla lista dei consiglieri per il nuovo cda della banca, presentata da ben 17 consiglieri di indirizzo su 28, e poi superare lo scoglio del voto a scrutinio segreto in consiglio d’amministrazione. Ma il fatto che a favore si siano espressi cinque consiglieri su otto (un voto contrario, una scheda bianca, un consigliere che ha lasciato la sala) la dice lunga sulla tensione interna all’ente che, fino ad oggi, si era sempre espresso all’unanimità sulle delibere sottoposte dal presidente. La verità è che Berneschi, che resterà in carica
fino alla fine di settembre, quando l’assemblea dei soci sarà chiamata a votare il nuovo consiglio, non ha alcuna intenzione di farsi da parte in silenzio e, per ora, ha cominciato a riunire la sua platea trasversale di sostenitori, dalle coop alle camere di commercio, passando per una fetta sostanziosa di politica ligure, di entrambi gli schieramenti, per finire con imprenditori azionisti della banca come Gavio e Bonsignore. Sarà insomma battaglia, da qui a fine mese. E i colpi di scena si annunciano robusti, anche perché a rendere ancora più rovente il clima c’è stata nei giorni scorsi la mossa di Bankitalia che ha consegnato alla Procura di Genova la sua relazione presentata al cda della scorsa settimana, frutto di una lunghissima e dettagliata ispezione. I diktat dell’istituto centrale, che a Carige ha dato trenta giorni di tempo per rispondere, sono molto netti: cessione delle compagnie assicurative, che in tutti questi anni hanno appesantito i conti del gruppo; rafforzamento del patrimonio; rettifiche sui crediti attraverso nuovi accantonamenti. Le sanzioni per chi non ottempera a tutto ciò possono essere pesanti e toccare direttamente i titolari della gestione operativa del gruppo bancario. Berneschi si trova così preso fra due fuochi, con una Banca d’Italia che gli impone risposte nette e rapide sulle strategie, e una Fondazione che nel frattempo lo esclude dalla lista dei nuovi ammini-stratori. Oltretutto, la strategia che lui aveva messo a punto riservatamente è naufragata con fragore. Berneschi intendeva infatti riservare a Unipol un aumento di capitale da 400 milioni di euro che avrebbe portato in dote al gruppo le due compagnie assicurative e alla Carige gli sportelli Ugl. Unipol sarebbe così diventata titolare del 27% del capitale, subito alle spalle della Fondazione, che avrebbe diluito la sua quota fino al 35%. L’ipotesi, però, ha trovato la netta contrarietà della Fondazione, che in questa mossa ha letto le avvisaglie per un possibile cambio di guida della banca (Unipol e i soci privati di Carige avrebbero potuto superare alla fine la quota della Fondazione) e l’ha respinta. E d’altra parte la stessa Unipol ha dichiarato di non aver aperto alcun “dossier Carige”. Insomma, una battaglia persa ancor prima di essere combattuta. Ma non di certo l’ultima. Qui sotto, Cesare Castelbarco, indicato quale futuro presidente di Banca Carige