di Lucio Sironi
Dopo il successo riscosso due giorni fa dal collocamento della quota del 7,57% diIma da parte del fondo Mandarin, ieri si è avuta la conferma, se ce ne fosse bisogno, che le azioni di qualità italiane non hanno difficoltà a trovare estimatori sui mercati internazionali.
Lo ha potuto constatare il Banco Popolare, che sfruttando il poderoso rialzo messo a segno dal titolo Azimut da un anno e mezzo a questa parte (è passato da 6 a 17 euro), ha deciso di smobilizzare la sua quota pari al 2,094% del capitale incassando poco meno di 50 milioni, tenuto conto che il prezzo del collocamento prevedeva, nell’operazione organizzata da Equita sim, uno sconto tra il 2 e il 4% sul prezzo di chiusura del titolo, che ieri è sceso del 3,3% a 15,9 euro (ma poche sedute fa era ancora oltre quota 17 euro). Notevole la risposta degli investitori istituzionali, quasi tutti fondi americani e inglesi, che hanno acquistato in poche battute i 3 milioni di titoli offerti, con una richiesta complessiva di tre volte rispetto a quanto messo a disposizione.
Si riduce così ulteriormente la presenza di investitori italiani nella compagine azionaria di Azimut, gruppo che a parte la holding Timone, che riunisce le quote di manager, gestori e oltre 400 promotori finanziari, cui fa capo circa il 25%, vede il suo capitale distribuito tra una miriade di investitori istituzionali stranieri, mentre gli italiani non superano il 4% (metà della quale era appunto nelle mani del Banco). L’istituto con sede a Verona ha completato così l’uscita daAzimut, di cui era socio fin dalla quotazione avvenuta nel 2004, quando la partecipazione scaligera era addirittura superiore al 5%, ridotta negli anni successivi per le stesse ragioni di oggi, cioè la necessità di far cassa e rimpinguare il proprio capitale.
Se però la banca guidata dall’ad Pier Francesco Saviotti si è trovata costretta a rinunciare allo status di socio della società milanese di risparmio gestito, non vengono meno i rapporti commerciali che fin da allora tengono strette le due realtà. Dal momento che Azimut opera attraverso reti di promotori e non possiede sportelli, il Banco è stato e resta il partner storico sul fronte bancario, perché attraverso le sue filiali colloca appunto i prodotti a marchio Azimut. La società guidata da Pietro Giuliani aumenta invece la sua connotazione internazionale e il suo flottante, già molto rilevante. A parte la holding Timone più un’altra robusta quota di azioni proprie, attorno al 7,5%, unici soci con partecipazioni rilevanti sono Allianz e le gestioni di Jp Morgan con una quota del 2,3% ciascuna e altri fondi internazionali quali Aviva, William Blair e Cantillon capital del gestore Von Mueffling con quote del 2%.
Per il Banco Popolare una gradita boccata d’ossigeno dopo aver chiuso comunque il primo semestre con un utile netto di 156 milioni rispetto ai 29 milioni dell’anno prima. (riproduzione riservata)