Di positivo c’è che la fase di emergenza iniziata nel 2008 con il fallimento di Lehman Brothers sembra destinata a esaurirsi a breve. Di negativo, che il processo di normalizzazione si porta dietro la fine delle politiche monetarie straordinarie che hanno supportato negli ultimi due anni i listini finanziari, anche a fronte di dati contraddittori in arrivo dall’economia reale. A questi temi ha dedicato un recente report Eric Chaney, chief economist di Axa Group, nonché head of research di Axa Investment Managers. La prima fase di normalizzazione della politica monetaria, ovvero la riduzione graduale del piano di allentamento quantitativo, dovrebbe iniziare a settembre per chiudersi entro
la metà del 2014, è la convinzione dell’economista, che per altro si allinea alla tesi prevalente tra gli addetti ai lavori che seguono con attenzione le mosse della Banca centrale americana. «Durante la prima fase», spiega, «la Fed monitorerà attentamente l’aumento dei rendimenti obbligazionari negli Stati Uniti, dato che conserva un discreto potere di mercato finché continua ad acquistare titoli». In una seconda fase l’attenzione dovrebbe spostarsi sui rischi inflazionistici correlati alle conseguenze della crisi, ovvero una base monetaria quattro volte più grande rispetto al periodo precedente. «Dopo la prima fase, il percorso sarà probabilmente accidentato», avverte l’economista.
Una volta concluso il piano di allentamento quantitativo, «i mercati si concentreranno sulle future dinamiche dei tassi a breve termine nel periodo di normalizzazione monetaria», aggiunge. Chaney ricorda come le immissioni di liquidità abbiano allontanato dal valore «equo le quotazioni, che molto probabilmente torneranno verso quei valori». Ma con una precisazione: considerato che la chiusura del piano di allentamento quantitativo dipende dalla situazione dell’economia, il nuovo equilibrio dei fondamentali dovrebbe essere diverso da quello iniziale. «Con la chiusura del piano», sottolinea Chaney, «i rendimenti delle obbligazioni negli Stati Uniti saliranno molto probabilmente in modo moderato. Grazie al rafforzamento dei fondamentali economici dovremmo assistere a una ripresa dei mercati azionari statunitensi e al restringimento degli spread di credito».
Nella visione di Axa Investment Managers anche in Europa i rendimenti obbligazionari dovrebbero salire, anche se in misura minore, mentre i mercati azionari dovrebbero riportare risultati positivi. A questo proposito, va ricordato che il Vecchio continente resta legato a quello che succede Oltreoceano (gli Stati Uniti sono il faro della finanza mondiale), ma è meno dipendente del passato per il differente approccio seguito fin qui dalla Bce. La Banca centrale europea, infatti, ha limitato le misure espansive per il timore che un eccessivo allentamento monetario potesse produrre focolai di inflazione difficili da gestire.
A pagare il prezzo più salato di questa situazione dovrebbero essere i mercati emergenti, già da diverse settimane in balia di un’elevata volatilità. Questo perché la distorsione della misura del rischio (spesso derivata proprio dagli indici di volatilità) ha portato gli investitori ad assumere posizioni che altrimenti non avrebbero preso in considerazione.