Il contrasto giurisprudenziale non libera l’avvocato dalla colpa grave. Anzi, proprio in questi casi in cui la soluzione giuridica diventa più opinabile, il professionista deve avere perizia e diligenza tali da far cadere la scelta professionale sulla soluzione che maggiormente tutela il cliente.
La vicenda riguarda il contenzioso tra alcuni cittadini e una compagnia di assicurazioni, con esito di prescrizione per sopraggiunto orientamento giurisprudenziale. Avendo così perso il diritto al ristoro dei danni, i cittadini hanno denunciato il loro avvocato di responsabilità professionale, per non aver tempestivamente fatto valere i diritti dei rappresentanti. La Corte di appello però non ha ravvisato la responsabilità in capo all’avvocato, in quanto la questione, sebbene abbia trovano un componimento in una specifica sentenza (Cassazione sezioni unite), all’epoca dei fatti era aperta e l’avvocato ha operato in presenza di «opinioni interpretative diversificate».
La cassazione, però, è di parere contrario. Infatti ritiene che la soluzione della Corte di appello confligga con il principio per cui «le obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato ma non a conseguirlo. Pertanto, ai fini del giudizio di responsabilità nei confronti del professionista, rilevano le modalità di svolgimento della sua attività in relazione al parametro della diligenza fissato dall’art. 1176, secondo comma, cod. civ., che è quello della diligenza del professionista di media attenzione e preparazione. Sotto tal profilo, rientra nell’ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del suo cliente, i quali, di regola, non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, in relazione alla particolare situazione di fatto, che va liberamente apprezzata dal giudice di merito, si presenti incerto il calcolo del termine». In definitiva, la corte di cassazione statuisce che l’opinabilità stessa della soluzione giuridica impone al professionista una diligenza e una perizia adeguate alla contingenza, nel senso che la scelta professionale deve cadere sulla soluzione che consenta di tutelare maggiormente il cliente e non già danneggiarlo e, dunque, nella specie egli era tenuto ad avere il comportamento riferito alla decorrenza del termine più breve.
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