Per i danni patiti dall’operaio agricolo che si ribalta in campagna con un trattore senza cabina di protezione e cinture di ancoraggio risponde direttamente il datore. A nulla vale infatti che l’operatore si sia infortunato tentando istintivamente di scappare dal pericolo. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sez.
IV pen., con la sentenza n. 31315 del 22 luglio 2013. Un operaio agricolo è rimasto parzialmente schiacciato dal trattore che conduceva precipitato in fase di retromarcia in un fosso laterale. Contro la conseguente assoluzione penale del datore di lavoro, confermata in sede d’appello l’interessato ha proposto ricorso con successo in cassazione. Il datore di lavoro, specifica innanzitutto la sentenza, è destinatario delle norme infortunistiche anche al fine di evitare che il dipendente compia scelte irrazionali che possano pregiudicarne la sua integrità psicofisica. Per essere esentato dalla responsabilità penale occorre che il comportamento del dipendente sia talmente eccezionale e imprevedibile da non poter essere nemmeno immaginabile. Nel caso sottoposto all’esame del collegio l’operaio è saltato via dal trattore che stava ribaltandosi per tentare di limitare il danno, ferendosi gravemente. Questo comportamento, anche se avventato, non può considerarsi abnorme atteso che il trattore non aveva in dotazione la cabina di protezione con le previste cinture di sicurezza. La carenza di queste dotazioni rappresenta una grave violazione delle norme antinfortunistiche, prosegue il collegio, che avrebbero potuto scongiurare l’evento lesivo o almeno limitarlo. La presenza di una cabina di protezione anti ribaltamento, conclude la sentenza, avrebbe infatti certamente indotto il conducente a rimanere al suo posto allacciato al sedile nella consapevolezza «di essere a sufficienza garantito da eventuali traumi conseguenti a ogni possibile deviazione ivi compreso il ribaltamento della corretta e normale marcia tenuta dal trattore».
Stefano Manzelli