Negli ultimi cinque anni la consulenza professionale ha esercitato un ruolo decisivo in Italia nel proteggere il risparmio messo a rischio dalla crisi recessiva. È quanto emerge dall’indagine pubblicata a luglio, Schroders Global Investment Trends Report, che ha visto intervistati in 20 Paesi di Europa, Asia e Stati Uniti 14.800 investitori (mille in Italia) intenzionati a investire almeno 10 mila euro nei prossimi dodici mesi, da cui emerge anche il valore attribuito dagli investitori alla consulenza professionale, anche e proprio in permanenza di un’elevata incertezza sulle prospettive dell’economia e dei mercati.
In questo contesto a chi rivolgersi per avere supporto nelle proprie scelte di investimento? La ricerca evidenzia come dall’inizio della recessione nel 2008, il supporto fornito dal proprio consulente finanziario sia ritenuto importante o molto importante dal 64% degli intervistati. Tale centralità è confermata dall’orientamento sulle scelte d’investimento che saranno effettuate nel corso dell’anno: il 42% del campione italiano dichiara che, prima di decidere, consulterà un professionista (in particolare, il 20% si rivolgerà a un consulente finanziario, il 17% consulterà la propria banca, il 5% interpellerà un dottore commercialista o una figura professionale assimilabile). Tra le altre fonti utilizzate per decidere che cosa fare dei propri risparmi un ruolo di particolare importanza è esercitato dai siti d’informazione finanziaria (21%). Sempre ascoltati familiari e amici (12%) mentre i media (6%) esercitano una minore influenza.
Certo è che la recessione ha influito e non poco sugli investimenti: gli intervistati italiani ritengono infatti che il peggioramento delle condizioni economiche internazionali degli ultimi cinque anni abbia avuto un impatto negativo sui propri investimenti e risparmi: la pensa così il 60% del campione, una percentuale ben superiore alla media mondiale (49%). Un andamento positivo è stato invece registrato in un solo 20% (questo dato si attesta al 34% per il campione globale).
«La ricerca conferma una volta di più che gli italiani sono consapevoli di non poter fare da sé nelle scelte d’investimento e che c’è nel Paese una forte domanda di consulenza», ha dichiarato Luca Tenani, Responsabile distribuzione per l’Italia di Schroders. «L’attenzione al contenimento del rischio è marcata, ma gli italiani stanno investendo, come dimostrano ad esempio i dati 2013 sulla raccolta dei fondi, e manifestano un interesse particolare per le soluzioni in grado di generare un reddito costante».
Come affrontare quindi i mercati? Gli italiani dimostrano di avere un atteggiamento tendenzialmente prudente, anteponendo la protezione alla crescita del capitale. In termini di prodotti, benché nel 2013 la preferenza in Italia andrà alle soluzioni che garantiscono una protezione del capitale (32% contro il 20% del campione mondiale), il 31% degli intervistati è orientato verso strumenti che generano un reddito a lungo o a breve termine (mentre il campione mondiale si attesta al 39%) e il 21% perseguirà la crescita (28% per il campione mondiale). La ricerca ha inoltre rilevato che nei prossimi dodici mesi, nonostante il 37% degli italiani ridurrà (in media del 6%) il patrimonio investito, il 63% lo aumenterà o lascerà invariato. Negli altri Paesi è invece emerso che l’80% prevede un aumento o un mantenimento del patrimonio investito mentre il 20% lo diminuirà. Questo dato, che sconta il contesto e la naturale predisposizione italiana alla prudenza, pur tuttavia racconta di investitori che nei due terzi dei casi pensano alla crescita; vista la congiuntura economica non è un elemento da sottovalutare. Tuttavia, in Italia solo il 28% degli intervistati si dice più fiducioso, rispetto all’anno scorso, nelle opportunità d’investimento per il 2013. Prevale (38%) chi invece si aspetta un andamento negativo.
Cosa preoccupa quindi gli investitori per i prossimi 12 mesi? La preoccupazione maggiore è rappresentata dalla crisi del debito in atto nell’Eurozona, per quasi la metà del campione (49%). Oltre due quinti degli intervistati (42%) indica anche l’incertezza/instabilità politica mentre il 40% nutre dubbi su una ripresa economica mondiale. Diminuisce invece (dal 63 al 44%) la preoccupazione degli italiani su un possibile aumento della pressione fiscale, che resta un timore sentito anche in altri Paesi, particolarmente in Portogallo (53%) e Francia (50%). Regno Unito (19%), Svizzera (16%) e Svezia (14%) sono i Paesi dove l’ansia per una stretta fiscale è meno forte. Tra le maggiori preoccupazioni degli intervistati italiani per i prossimi dodici mesi figurano anche l’instabilità politica (43%) e la lentezza della ripresa economica nel proprio Paese (35%), mentre la volatilità dei mercati preoccupa in misura inferiore (29%).