di Paola Valentini

In Italia il risiko delle private bank sta per entrare nella stagione più calda. E l’acquisizione da parte di Azimut della sim Augustum Opus (800 milioni di asset), annunciata giovedì 25, è un segnale importante in questo senso.

Finora la spinta alla crescita è arrivata dal reclutamento dei promotori. Non a caso le reti come Azimut, ma anche Banca Mediolanum, Banca Generali e Fineco, hanno messo a segno numeri record di raccolta grazie a una forte spinta a potenziare la struttura di distribuzione accogliendo i private banker in uscita dalle grandi banche commerciali. Ma dopo una fase vivace di pf-mercato che comunque continua a registrare passaggi di peso, per fare il vero salto dimensionale la spinta propulsiva può arrivare solo dalle acquisizioni. Lo shopping è in grado di fare davvero la differenza in un momento in cui i margini per attirare i migliori private banker diventano sempre più stretti a causa della forte concorrenza tra gli operatori.
Non a caso, nelle scorse settimane hanno tenuto banco le indiscrezioni sul grande salto che Azimut potrebbe compiere con l’acquisizione di Anima, anche se entrambe le società hanno smentito il progetto. Intanto Banca Intermobiliare è finita nel radar di Ubs e di altri operatori. Quel che è certo è che la finestra del reclutamento facile si potrebbe chiudere presto e quindi a quel punto la via obbligata per crescere dovrebbe passare attraverso l’acquisizione di una struttura concorrente.

 

Nell’ultimo periodo i passaggi di proprietà sono stati molto più numerosi rispetto al passato, anche se per ora hanno riguardato strutture di piccole dimensioni. Come risulta dall’Osservatorio 2013 sul private banking in Italia di Magstat che ha fotografato i movimenti più recenti. A partire proprio da Azimut che nei mesi scorsi ha rilevato il 50% della monegasca Cgm, società di gestione indipendente, che insieme alla sim italiana, può contare su masse totali per circa 800 milioni di euro; Azimut si è mossa anche all’estero, in particolare in Asia, dove tramite una strategia a piccoli passi ma costante punta a costruire una presenza importante: a giugno ha infatti siglato un accordo per rilevare il 51% di Sinopro, una piccola società di distribuzione di Taiwan che rappresenta però un avamposto strategico per aggredire in futuro il mercato cinese. Si è mossa anche Esperia che nell’ottobre del 2012 ha rilevato la Fiduciaria San Babila e la Cidneo Fiduciaria Srl, società attive nell’area della Lombardia grazie alla presenza a Milano, Bergamo e Brescia. Tra gli istituti specializzati nel private banking che hanno puntato sulle fiduciarie (grandi protagoniste dell’ultimo scudo fiscale del 2009 dato che quasi 50 degli oltre 95 miliardi sanati sono stati rimpatri giuridici, effettuati cioè tramite fiduciarie), c’è anche Banca Leonardo che lo scorso anno ha acquisito l’80% della fiduciaria Cofib, un family office attivo sulla piazza di Roma.

Fermento anche tra le sgr dedicate alla cura dei grandi patrimoni. Su tutti domina l’accordo tra Julius Baer e Kairos, la boutique fondata da Paolo Basilico e specializzata nella gestione di fondi alternativi. Lo scorso giugno la Banca d’Italia ha approvato l’acquisizione da parte di Kairos del 100% di Julius Baer sim, con integrazione delle attività di quest’ultima, mentre il gruppo elvetico ha rilevato una partecipazione di minoranza pari al 19,9% della società italiana. Un’alleanza destinata ad avere futuri sviluppi: l’accordo fra Basilico e Julius Baer prevede infatti in una seconda fase la possibilità per l’istituto svizzero di esercitare un’opzione d’acquisto su ulteriori titoli Kairos fino a detenere l’80% del capitale. «Le strutture straniere che non sono ancora decollate o che non sono ancora presenti in Italia sono interessate a rilevare strutture italiane specializzate nel private banking, sulla scia dell’operazione Julius Baer-Kairos», conferma Marco Mazzoni, curatore dell’Osservatorio di Magstat. Ma anche le altre sgr di nicchia sono state molto attive nell’ultimo anno. A partire da Mc gestioni sgr che è passata a Zenit sgr. AcomeA, la società di gestione fondata da Alberto Foà (ex Anima sgr) si è invece mossa su Leonardo sgr, mentre Nextam Partners, un altra struttura creata da gestori indipendenti (tra cui Nicola Ricolfi e Carlo Gentili) si è aggiudicata le gestioni di Horatius, sim creata dall’ex capo degli investimenti dell’allora Sanpaolo Imi asset management Massimo Fuggetta.

 

Ma il risiko non tocca soltanto le private bank italiane. Sul mercato tricolore ricadono anche gli effetti delle manovre in atto dalle grandi banche americane che si stanno riposizionando nel settore e le banche svizzere ne approfittano perché devono uscire dall’angolo in un momento in cui rischiano di perdere business a causa della lotta a livello internazionale contro i paradisi fiscali. Lo scorso anno, per esempio, Julius Baer ha rilevato il wealth management al di fuori degli Usa di Merill Lynch, mentre a marzo il Credit Suisse ha comprato le attività di gestione d’alta gamma in Europa, Medio Oriente e Africa di Morgan Stanley. La banca svizzera ha messo così le mani su un patrimonio gestito di oltre 13 miliardi di dollari (10,6 miliardi di euro) principalmente nel Regno Unito, in Italia e a Dubai. Per Morgan Stanley l’operazione non si è tradotta in un’uscita dal mercato del private banking; la cessione è anzi coerente con una maggiore concentrazione sul wealth management negli Stati Uniti, mercato geografico principale della banca d’affari, dove l’amministratore delegato James Gorman punta a ottenere ritorni più stabili in grado di compensare la volatilità dei risultati dell’attività di trading e investment banking. Ed è proprio per lo stesso motivo, ovvero per poter contare su una base di depositi più stabile, che la stessa Morgan Stanley nelle scorse settimane ha rilevato da Citigroup il 35% della joint venture Morgan Stanley Smith Barney holding salendo al 100% del capitale. Non è infatti un segreto che i patrimoni dei Paperoni permettano alle banche di avere una raccolta meno volatile, oltre che più remunerativa per gli azionisti, un fattore importante in una fase come l’attuale in cui la provvista delle banche resta una priorità. Ed è per questo che anche le grandi banche commerciali italiane sono tornate a puntare sul private banking. Il risiko in Italia è quindi solo all’inizio. (riproduzione riservata)