di Simona D’Alessio
Scendono le «morti bianche» (790 nel 2012), così come si contano sempre meno denunce di infortuni sul lavoro (-8,9% rispetto all’anno precedente). Ma le cifre, apparentemente incoraggianti, scontano la sconfortante e inarrestabile emorragia occupazionale, che priva oltre il 12% degli italiani di un impiego e, di conseguenza, non li espone al rischio di rimanere vittima di un incidente.
E, nel frattempo, è elevato il costo del mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, pagato non soltanto dai singoli addetti, ma dall’intero paese: più di 12 milioni di giornate di inabilità con costo a carico dell’Inail, in media 80 giorni per casi che hanno provocato menomazioni, e 19 per gli altri. A illustrare i dati, ieri a Montecitorio, Massimo De Felice, presidente dell’Istituto nazionale per l’assicurazione degli infortuni sul lavoro, affermando che sono state 744 mila 916 le segnalazioni dello scorso anno (817 mila 586 nei dodici mesi prima); del totale annuo, gli incidenti riconosciuti sfiorano i 500 mila (496 mila 079), in calo dell’11,3% rispetto a quelli del 2011 (559 mila 504). Inoltre, di questi 500 mila circa, il 18% si è verificato all’esterno dell’azienda, ovvero in occasione di attività effettuate «con mezzo di trasporto», oppure «in itinere» (durante il tragitto fra l’abitazione e il luogo in cui si presta servizio). Fra i decessi, un’alta percentuale (oltre il 50%, pari a 409 casi) è avvenuta fuori dalla sede dell’occupato, avendo come principale «scenario» la strada, e segnando un andamento decrescente, perché se anche i 25 episodi ancora in istruttoria fossero tutti riconosciuti sul lavoro si avrebbe, una riduzione comunque consistente rispetto al 2011 (-6%) e addirittura del 27% rispetto al 2008. È nell’industria e nei servizi, si legge nel rapporto, che ci si fa male con maggiore frequenza: 393 mila 663 casi accertati (682 dei quali con esito letale), 34 mila 151 nell’agricoltura (98 vittime) e 68 mila 265 «per conto dello stato», dove sono morte 10 persone.
Sul versante delle patologie contratte lavorando, le denunce ammontano a circa 47 mila e 500 (1.000 in meno in un anno), in salita quasi il 51% al confronto con il 2008; riconosciuta la causa professionale a circa il 37%, mentre il 3% è al vaglio. In merito alle denunce di malattie asbesto-correlate (derivante da esposizione all’amianto) l’Inail ne ha validate 1.540, tra le quali 348 hanno avuto esito mortale. La crisi, dunque, frena il fenomeno infortunistico. E, infatti, commenta Franco Bettoni, presidente dell’Anmil, l’associazione degli invalidi sul lavoro, le aree produttive più colpite dalla congiuntura negativa «hanno fatto registrare le diminuzioni più consistenti, ovvero le attività manifatturiere che hanno avuto un calo del 16,5% e, ancor più, il settore delle costruzioni dove gli incidenti sono scesi del 21,4% e i casi mortali di ben il 23%».