Il docente di educazione fisica che soccorre l’alunno infortunatosi durante la lezione, ma che sottovaluta il problema e opera un intervento sbagliato, non è responsabile del reato di omissione di soccorso. A maggior ragione se segnala la situazione al dirigente scolastico e ai colleghi delle ore successive raccomandando loro di tenere in osservazione l’alunno infortunato. É questo il principio affermato dalla V sezione penale della Corte di cassazione (13310/2013) in una sentenza con la quale ha annullato senza rinvio una sentenza di condanna, emessa a suo tempo dalla Corte d’appello di Perugia.
E scagiona totalmente una docente che si era trovata a dovere fronteggiare una situazione abbastanza frequente per una docente di educazione fisica.
E cioè la valutazione dei possibili effetti di un infortunio occorso ad un alunno durante la lezione e le relative misure da adottare in suo soccorso. Nel caso specifico la docente non si era accorta che, a seguito di una capriola, un alunno si era fratturato lo sterno. E quindi non aveva chiamato l’autoambulanza, sebbene l’alunno avesse manifestato difficoltà respiratorie, e si era limitata a praticargli un massaggio. Infine, a termine della lezione, aveva avvertito dell’accaduto i colleghi in servizio nelle ore successive e il dirigente scolastico. In I grado la docente era stata assolta, ma in II grado la decisione era stata capovolta dalla Corte d’appello, che l’aveva condannata ritenendola colpevole del reato di omissione di soccorso. Di qui il ricorso per Cassazione, che ha avuto come esito l’annullamento senza rinvio della sentenza della Corte d’appello.
Per argomentare la decisione la Suprema corte ha spiegato, anzitutto, che il delitto di omissione di soccorso è imputabile soltanto a titolo di dolo generico. Nel caso specifico ciò si verifica quando il docente, dopo essersi reso conto dello stato di pericolo in cui versa l’alunno, decida intenzionalmente di non prestargli soccorso. Pertanto, affinché « tale omissione possa ritenersi volontaria è dunque necessario che l’agente si sia effettivamente rappresentato la situazione di pericolo come tal». Il dolo, quindi, è da reputarsi escluso anche solo nella forma eventuale, qualora l’omissione del soccorso sia dovuta ad un errore (ancorché colposo) compiuto dallo stesso docente in ordine alla valutazione della reale natura della situazione percepita attraverso i propri sensi. Idem qualora lo stesso docente, «pur avendo riconosciuto la situazione di pericolo, abbia poi errato nell’elezione delle modalità di soccorso che pure abbia posto in essere».
Detto questo la Cassazione ha analizzato, punto per punto, la condotta posta in essere dalla docente ed ha escluso che potesse integrare il reato, proprio per l’insussistenza del dolo.
La Suprema corte ha preso atto dell’accertamento dei fatti operato dalla corte di merito. Ed ha condiviso il giudizio dei giudici di II grado circa il fatto che la docente aveva sottovalutato il problema, limitandosi a mettere il bambino a riposo e praticargli un massaggio, nonostante il persistere del dolore e delle difficoltà respiratorie. Ma ha anche messo in luce l’assoluta buona fede della docente, evidenziando che la medesima, dopo avere praticato le prime cure all’alunno, seppure inidonee, avesse avvertito dell’accaduto sia le insegnanti delle ore successive sia il dirigente scolastico.
I giudici di legittimità hanno spiegato, dunque, che questi elementi non sono sufficienti a fondare un giudizio di colpevolezza circa il reato di omissione di soccorso. E quindi, al massimo, avrebbero potuto ingenerare un giudizio di rimproverabilità dell’imputata per non aver saputo riconoscere l’effettiva entità del pericolo in cui versava il minore e per non avere adottato misure adeguate a fronteggiarlo. Ma non certo l’affermazione della volontarietà dell’omissione delle corrette modalità di soccorso nella consapevolezza della loro necessità.
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