Walter Galbiati
Banche che vendono polizze, assicurazioni che si trasformano in banche e prodotti finanziari che grazie all’elevata complessità si presentano come un misto tra una assicurazione, un bond o qualcos’altro. Una sorta di labirinto entro il quale diventa sempre più difficile muoversi anche per il più navigato dei risparmiatori, un intreccio che ha compromesso la trasparenza del mercato finanziario. Le stesse Authority che devono vigilare si sono trovate in difficoltà nel comprendere cosa veniva venduto e a chi, tanto che la recente crisi è stata giudicata in parte figlia della mancanza di controllo. Tradizionalmente si parla di mercato bancario, mobiliare, dove operano intermediari e Fondi (gli Organismi di investimento collettivo del risparmio) e assicurativo. L’abbattimento dei confini è avvenuto sia con l’innovazione finanziaria sia con l’evoluzione delle norme che hanno ampliato a più operatori la possibilità di competere in mercati dove prima non potevano nemmeno metterci piede. Il risparmiatore si è trovato così di fronte a prodotti misti in cui a una componente assicurativa era associata una componente finanziaria e il cui collocamento poteva essere effettuato da banche, da assicurazioni, da fondi attraverso sportelli, virtuali o no, o da reti di promotori, di consulenti e di agenti. Il tutto è stato reso complesso da una serie di leggi che hanno permesso alle banche di esercitare ogni forma di attività di intermediazione finanziaria e mobiliare e di collocare pure polizze assicurative, e alle società di gestione del risparmio di svolgere alcune funzioni tipiche dell’attività bancaria tradizionale. Questo incrocio è stato reso ancor più ingarbugliato dalla nascita di grandi colossi, attivi tanto nell’attività bancaria quanto in quella assicurativa, conglomerati che manco a dirlo operano per lo più in un contesto internazionale, spaziando da un capo all’altro del mondo, complicando ancora di più il mercato. In questo scenario, la vigilanza sulla banche spetta sempre alla Banca d’Italia e sulle assicurazioni all’Ivass, mentre alla Consob quella sui mercati. Ma va da sé che servirebbe un’evoluzione verso modelli di regolamentazione e vigilanza unificati. Gli stessi dilemmi che hanno colpito le società del settore e i loro vigilanti sono ricadute sulle reti di vendita (promotori, agenti e consulenti), per le quali esistono una serie di organismi, emanazioni delle Authority maggiori, con governance, poteri e compiti che andrebbero ripensati di fronte alle più o meno marcate criticità operative che si sono manifestate. «Serve rimettere ordine tra i vari organismi. È uno sforzo che si sta compiendo anche a livello europeo. Qui è nata l’Esma, la European Securities and Markets Authority, una sorta di Consob transnazionale. L’obiettivo è di proporre soluzioni in linea con le esigenze di mercato», spiega Marco Tofanelli, segretario di Assoreti, l’Associazione Nazionale delle Società di Intermediazione Mobiliare e delle Banche che collocano presso il pubblico prodotti finanziari, bancari e assicurativi avvalendosi di reti di promotori finanziari. Proprio Assoreti ha affidato al professor Raffaele Lener, Ordinario di Diritto dei mercati finanziari presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tor Vergata, l’incarico di studiare un’ipotesi di architettura normativa che permetta di coniugare con razionalità ed efficienza le esigenze della vigilanza, del mercato, della clientela e delle figure professionali coinvolte. Oggi esistono circa 50mila promotori, 30mila dei quali attivi sul mercato. «I promotori sono di fatto consulenti che operano fuori sede, ma in realtà sono vigilati e sottostanno a obblighi identici a quelli di chi opera dentro a una banca o a un intermediario», spiega Tofanelli. Su di loro è acceso il faro della Consob, attraverso l’Organismo per la Tenuta dell’Albo dei Promotori Finanziari, nato nel 2007, la cui gestione è affidata all’Abi (Associazione bancaria italiana), all’Anasf (Associazione nazionale dei promotori finanziari) e ad Assoreti (Associazione nazionale delle società di collocamento di prodotti finanziari e servizi di investimento). «Gli agenti e i mediatori invece rientrano sotto il controllo della Banca d’Italia, si occupano di mutui, carte di credito, conti correnti e credito al consumo», aggiunge Tofanelli. Per loro esiste l’Oam, l’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi (denominato OAM). Ha visto la luce nel 2010, ha poteri sanzionatori necessari per lo svolgimento dei suoi compiti ed è a sua volta sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia. Gli agenti e i broker assicurativi invece sono direttamente sotto il controllo dell’Ivass, istituto per la vigilanza delle assicurazioni, mentre gli unici in attesa di un albo sono i consulenti per i quali era prevista la nascita dell’Acf. «I cosiddetti consulenti spiega Tofanelli – non sono collocati all’interno di nessun albo e non hanno una vera e propria vigilanza. Serve censire questa categoria. La stima è che siano tra i 100 e i 200, non molti ma pur sempre in grado di operare sui mercati finanziari ». L’impressione però è che più che altre Authority servirebbero un maggior coordinamento tra le attuali e una semplificazione normativa.