A dieci anni dall’avvio della riforma degli investimenti dei fondi pensione italiani, il nuovo decreto ministeriale che aggiorna il vecchio 703 del 1996 ancora non ha visto la luce. E oggi, a quasi 12 mesi dalla conclusione della seconda fase di consultazione presso gli operatori specializzati, quella definitiva, il testo resta chiuso nei cassetti del ministero del Tesoro.
Ecco perché la nuova normativa di fatto allarga molto il raggio di azione dei fondi previdenziali. La bozza approvata si limita infatti a dire che «le risorse dei fondi pensione possono essere investite in strumenti finanziari, categoria che in base al Testo unico della finanza comprende ogni tipo di valori mobiliari, strumenti del mercato monetario, fondi e sicav e derivati, nel rispetto dei criteri e di limiti previsti», dice Francesco Crocenzi, partner dello studio legale Cieri Crocenzi.
Il nuovo decreto 703 introduce quindi una rivoluzione copernicana nel campo degli investimenti dei fondi pensione «perché mentre il vecchio 703 prevede che tutto è vietato salvo ciò che è espressamente consentito, fatto salvo il periodo transitorio per i fondi preesistenti, il sistema della normativa attesa è incentrato sul principio che tutto è consentito tranne ciò che è vietato» aggiunge Crocenzi. In tale contesto una delle principali asset class autorizzate dal nuovo 703, e vietata dal decreto del 1996, è quella dei fondi alternativi che comprendono gli hedge fund, ma anche i fondi immobiliari e i fondi di debito. «Il tutto entro i limiti quantitativi e nel rispetto dei nuovi e stringenti principi prudenziali e di controllo del rischio che sottendono il nuovo 703», aggiunge Crocenzi.
La parola fine all’ormai infinito processo di emanazione del nuovo 703 potrebbe arrivare dal recepimento in Italia della direttiva sui gestori dei fondi alternativi, che deve essere fatto entro il prossimo 22 luglio. «In occasione di questa scadenza gli Stati membri dovranno garantire ai gestori dell’Ue di fondi alternativi comunitari di poter offrire a investitori istituzionali dell’Ue i propri prodotti.
Visto che i fondi pensione sono investitori professionali, qualsiasi restrizione all’offerta di fondi alternativi comunitari ai fondi pensione italiani, mi riferisco quindi al divieto del 703/96, che dovesse restare dopo il 22 luglio 2013, costituirà violazione dei principi comunitari di libera circolazione con possibilità di procedura di infrazione contro l’Italia. Sotto questo aspetto dunque», conclude Crocenzi, «l’emanazione del nuovo 703 in tempi brevi oltre che auspicabile per motivi di opportunità e obsolescenza della vecchia normativa, diventa anche un atto dovuto per evitare questi rischi di violazioni comunitaria».
In attesa delle nuove regole, Corbello avverte che «per le sue peculiarità e per il valore sociale che ricopre, l’investimento previdenziale richiede regole specifiche per mantenere il giusto rapporto tra la ricerca della redditività e un’attenta gestione del rischio». E sono queste le sfide che dovrà raccogliere la nuova funzione finanza prevista dalla Covip per tutti i fondi pensione. (riproduzione riservata)