Una delle principali motivazioni del risparmio in Italia è rappresentata dalla volontà di lasciare un’eredità ai propri cari. Secondo l’ultima Indagine sul risparmio Centro Einaudi/Intesa Sanpaolo l’obiettivo di accumulare un tesoretto da passare alle future generazioni rappresenta il 19,5% dei motivi per i quali si risparmia. Il dato è coerente con il vissuto del Paese. Secondo stime della Banca d’Italia, circa un quarto della ricchezza degli italiani deriva da lasciti ereditari. Coerentemente con questa prospettiva una delle principali preoccupazioni nei confronti della previdenza complementare è rappresentata dalla paura che, in caso di decesso, si perda quanto accantonato. Come si atteggiano le forme pensionistiche a tal riguardo? Nell’ipotesi di decesso dell’aderente in costanza di attività lavorativa l’intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tali soggetti, la posizione resta acquisita al fondo pensione nelle forme pensionistiche collettive, mentre in quelle individuali viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite con apposito decreto ministeriale. Secondo l’Autorità di vigilanza l’aderente può anche determinare la quota della posizione individuale che spetta a ciascuno degli aventi diritto, e ciò sia nell’ipotesi in cui concorrano soltanto eredi, sia nell’ipotesi in cui concorrano solo terzi, sia nell’ipotesi in cui concorrano eredi e terzi. Se invece il decesso dovesse avvenire dal momento in cui si è già cominciato il pensionamento integrativo occorre verificare quale fosse la tipologia di rendita scelta. Le forme pensionistiche prevedono infatti diverse tipologie di rendita assicurativa, in maniera tale da poter soddisfare le differenti esigenze del lavoratore. Le possibili soluzioni possono essere rappresentate in primo luogo dalla rendita vitalizia reversibile, corrisposta cioè all’aderente finché è in vita e successivamente, in misura totale o per quota scelta dall’aderente stesso alla persona o alle persone da lui designate. Altra modalità utile può essere rappresentata poi dalla rendita certa e successivamente vitalizia, corrisposta per i primi, di solito 5 o 10 anni, all’aderente o, in caso di suo decesso, alla persona da lui designata. Successivamente, se l’aderente è ancora in vita, viene corrisposta allo stesso una rendita vitalizia. Ulteriore e molto utile tipologia è poi quella della rendita con controassicurazione in cui in caso di decesso del percettore viene liquidato il capitale residuo agli eredi. Sembra soluzione particolarmente adatta alla esigenza ereditaria. È allora importante scegliere la rendita giusta, quella cioè più confacente alle proprie esigenze e del proprio nucleo familiare.
La scelta va operata poco prima del pensionamento, in genere 60 giorni prima. È importante anche approfondire i profili fiscali. Le prestazioni erogate da una forma pensionistica complementare a un erede dell’aderente (o a un diverso beneficiario designato dall’iscritto) sono escluse dall’applicazione dell’imposta di successione, al pari delle indennità di fine rapporto. Per gli altri profili tributari se le prestazioni vengano percepite in unica soluzione, vanno tassate come le somme (riscatti) percepite dagli eredi in caso di morte dell’iscritto prima della maturazione del diritto alla prestazione. Più nello specifico sul capitale riscattato è prevista l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 15% sull’importo erogato al netto dei redditi già assoggettati ad imposta nonché dei contributi non dedotti. Anche in questa ipotesi si prevede la riduzione progressiva dell’aliquota (0,30% per ogni anno di durata superiore al quindicesimo). Anche per quel che riguarda la tassazione delle rendite si applica una ritenuta a titolo d’imposta con aliquota del 15% ridotta dello 0,3% per ogni anno di partecipazione oltre il 15° e fino al 35° (quindi 15% riducibile fino al 9%). È anche utile ricordare che non viene tassata la parte di prestazione riferibile ai contributi non dedotti a condizione che si sia dichiarata tale circostanza al fondo pensione/pip entro il 31 dicembre dell’anno successivo al versamento. (riproduzione riservata)