di Manuel Costa
Nell’ultimo anno e mezzo il settore con il maggior numero di avvicendamenti al vertice è stato quello bancario. Il rinnovamento delle prime linee dei principali istituti di credito iniziò già nel settembre 2010, quando Federico Ghizzoni sostituì Alessandro Profumo in Unicredit.
Ma il ritmo del turnover accelerò considerevolmente a partire dal novembre 2011 con l’uscita di Corrado Passera da Intesa Sanpaolo. In meno di due anni il vertice operativo della Ca’ de Sass è completamente mutato. Con la sola eccezione di Gaetano Miccichè, tuttora direttore generale e responsabile della divisione corporate & investment banking della banca, tra il novembre 2011 e il luglio 2012, da Intesa sono usciti prima il chief executive officer Passera, che ha raccolto l’invito di Mario Monti ad assumere l’incarico di ministro dello Sviluppo nel governo tecnico, e poi l’allora direttore generale vicario e responsabile della Banca dei Territori, Marco Morelli, attualmente al vertice di BofA-Merrill Lynch.
Due uscite diverse, quelle di Passera e Morelli, che i grandi soci di Intesa hanno affrontato in modo differente. Dopo le dimissioni di Passera ha prevalso l’intuito del presidente Giovanni Bazoli che ha chiamato da Allianz il «tedesco» Enrico Cucchiani, prossimo a essere riconfermato ceo con l’imminente rinnovo degli organi sociali delle banca. Dopo l’uscita di Morelli, invece, la figura di responsabile della Banca dei Territori è rimasta vacante per qualche mese e assegnata ad interim allo stesso Cucchiani. Fino a quando, lo scorso 4 dicembre, il consiglio di gestione presieduto da Andrea Beltratti (prossimo ad essere sostituito da Gian Maria Gross-Pietro) decise di promuovere nel ruolo che era stato di Morelli l’allora dg del Banco di Napoli, Giuseppe Castagna. A differenza del predecessore, Castagna non ricopre tuttavia il ruolo di vicario del consigliere delegato.
In Unicredit invece Dieter Rampl, il banchiere tedesco che aveva gestito la transizione del dopo Profumo, non è stato confermato nel ruolo di presidente. Al suo posto è stato nominato il manager italiano, ma tedesco d’adozione, Giuseppe Vita.
Al Monte dei Paschi di Siena fu direttamente la Banca d’Italia a chiedere un passo indietro al direttore generale Antonio Vigni.
Dopo ripetute ispezioni la Vigilanza riscontrò infatti carenze organizzative e inadeguatezze del management e impose ai vertici della banca di farsi da parte. Al posto di Vigni arrivò Fabrizio Viola, ex direttore generale della Banca Popolare di Milano ed ex amministratore delegato della Popolare dell’Emilia Romagna. Il banchiere dovette subito rimboccarsi le maniche e avviò un radicale repulisti nelle prime e seconde linee della banca per dare un chiaro segnale di rinnovamento alla Vigilanza. Un altro banco di prova fu l’approvazione del piano industriale 2012-2015, presentato ai mercati il 27 giugno. Il documento puntava a colmare il fabbisogno Eba residuo, stimato in 1,3 miliardi, e a rilanciare la banca in una situazione di mercato ancora molto critica. La poltrona di presidente, che fu di Giuseppe Mussari (oggi indagato nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta), passò a Profumo, una nomina più politica che operativa visto che il banchiere praticamente non ha deleghe.
Un’altra rivoluzione interessò la Bpm, la cui assemblea degli azionisti incoronò il finanziere Andrea Bonomi alla presidenza al posto di Massimo Ponzellini. Il patron del fondo di private equity Investindustrial e il consigliere delegato Piero Montani riuscirono a domare i dipendenti-soci con un nuovo piano industriale e a un’ambiziosa riforma della governance.
Alla Bper, infine, la poltrona di Viola passò a Luigi Odorici, che conosce molto bene la macchina dell’istituto. (riproduzione riservata)